Lavoro, Grasso vuol tornare agli anni '70

Il movimento di Piero Grasso prevede l'abolizione di tutte le più recenti leggi sul lavoro e il ritorno al posto fisso

Lavoro, Grasso vuol tornare agli anni '70

Piero Grasso vuole tornare al passato. Il programma politico del suo movimento prevede non solo l'abolizione del Jobs Act ma anche le leggi precedentemente approvate come il pacchetto Treu e la legge Biagi.

Il ripristino dell'articolo 18 così è un imperativo categorico così come l'introduzione delle 35 ore l'assunzione di massa di nuovi impiegati pubblici. Il tutto unito a una stretta sul part-time e i contratti a termine. Un programma sul lavoro che, come si legge sul quotidiano il Giorno, "sembra preso in toto da qualche documento del Pci o della Cgil degli anni Settanta-Ottanta". Secondo il movimento di Grasso, Liberi e Uguali, infatti, "la via maestra per la redistribuzione della ricchezza è quella della piena e buona occupazione, da garantire attraverso un piano straordinario per il lavoro e gli investimenti, che inverta radicalmente una politica economica fondata su bonus e sconti fiscali". Ma non solo. "Crediamo sia indispensabile tornare a investire sul lavoro pubblico, con lo sblocco del turnover". "È quindi necessario - si legge ancora - intervenire con decisione, superando il Jobs Act e tutte le forme contrattuali che alimentano il peggiore sfruttamento. La nostra proposta è tornare a considerare il contratto a tempo indeterminato a piene tutele, con il ripristino dell' articolo 18, come la forma normale di assunzione". Il contratto a tempo determinato e il lavoro in somministrazione possono essere usati "esclusivamente con il ripristino della causale, che giustifichi la necessità di un' assunzione a scadenza" e pertanto si deve superare "la giungla di forme contrattuali precarie introdotte nell' ultimo ventennio, che decreto Poletti e Jobs Act hanno contribuito a rafforzare".

Si prevedono, inolte, un aumento del costo degli straordinari così da applicare integralmente il contratto collettivo di lavoro nazionale, 'senza alcuna possibilità di deroga', sanzioni per le aziende che delocalizzano e un tetto agli stipendi dei manager privati.

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