La crisi energetica è già una dura realtà per i conti familiari e l'autunno si profila ancora più rigido. Con l'invasione russa dell'Ucraina e con le sanzioni imposte a Mosca sono saltate quelle relazioni di mercato che permettevano rifornimenti a prezzi contenuti. Da qui la necessità di trovare nuovi fornitori (dall'Africa ai Paesi arabi, agli Stati Uniti) anche grazie al ricorso ai rigassificatori.
Di fronte alla decisione della Snam di collocare un'enorme nave nel porto di Piombino, al fine di trattare il gas liquido, s'è subito assistito a una rivolta popolare, con alla testa il sindaco di destra, Francesco Ferrari, e il sostegno dell'intera comunità. Le tesi di quanti contrastano il progetto possono essere riassunte con le parole dello stesso Ferrari, persuaso che il rigassificatore rappresenti un pericolo per la sicurezza nonché un danno economico, sociale, ambientale e turistico per una città che sta con fatica cercando di rialzarsi da una crisi attraverso la diversificazione. Queste situazioni sono ricondotte allo schema Nimby, un acrostico che sta per not in my backyard (ossia, non nel mio cortile), e il più delle volte chi commenta simili proteste tende a parlare di egoismo, irresponsabilità, ottuso localismo e via dicendo. Le cose, però, non sono proprio così.
Quando, sulla base di danni effettivi o presunti, una comunità rifiuta un progetto, è bene chiedersi il perché, e la ragione è che nessuno è disposto a immolarsi per gli altri. Ben più che in chi resiste, allora, l'errore va individuato in chi pretende d'imporre la propria volontà. Nel caso specifico c'è da chiedersi perché il presidente della Toscana, Eugenio Giani (del Pd), possa riconoscere che il territorio è scettico, diffidente e contrario, ma al tempo stesso da commissario incaricato di realizzare l'opera senta il dovere di ribadire la necessità di un interesse nazionale che deve essere eseguito.
Quando si oppone un generico interesse italiano alle concrete esigenze di questa o quella comunità non si va proprio da nessuna: si tratti del rigassificatore ora, come già in passato nel caso di discariche o aeroporti. Bisogna uscire da simili logiche dirigiste, offrendo pacchetti che siano interessanti per i destinatari. Proprio l'urgenza di avere nuovi approvvigionamenti energetici avrebbe dovuto spingere a mettere anche altro sul tavolo.
È insomma urgente imparare a ragionare diversamente, se non vogliamo ogni volta impantanarci in questa maniera. Se, ad esempio, si fossero sviluppati più progetti (ipotizzando alternative a Piombino) e in ogni circostanza si fosse proposto di affiancare al rigassificatore anche altro (benefici in termini di occupazione, riqualificazione ambientale, riduzione delle imposte ecc.) si sarebbe potuta avviare un'asta: sposando la libertà del mercato, che vive di negoziati e libere intese, invece che i diktat burocratici calati da Roma.
Il guaio è che la nostra classe dirigente vive dentro schemi di fatto autoritari e
poi si sorprende quando le comunità s'organizzano per bloccare tutto. Il risultato è che, grazie a questa élite inadeguata, la possibilità di un inverno molto freddo e con bollette alle stelle si fa sempre più realistica.
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