L'esecutivo analogico che ritorna all'antico: nove ministri si tengono lontani dai social

Nel "Conte bis" solo la Lamorgese non aveva un profilo Twitter. Nel nuovo governo invece anche il premier, i leghisti Giorgetti e Stefani e alcuni tecnici

L'esecutivo analogico che ritorna all'antico: nove ministri si tengono lontani dai social

Poche parole. Ed encefalogramma piatto sui social. Non sono monaci trappisti ma certo trasudano d'antico: i ministri tecnici del Draghi 1 non hanno profili, non si espandono su Facebook, non cinguettano su Twitter. Silenzio. Nessuna voglia di protagonismo e periscopio sott'acqua. Almeno per ora. Uno si immagina i Cingolani, i Franco, i Bianchi e i Giovannini stracarichi di account e immersi nel digitale. E invece niente. Nessun avvistamento in rete e neppure dalle parti di Instagram. Né per loro e neppure per Marta Cartabia, Cristina Messa, Luciana Lamorgese e tutta la galleria di esperti cooptati in questa difficile ed entusiasmante avventura.

Dev'essere il modello Draghi, già tratteggiato in questi giorni dalla stampa: sobrietà, low profile e indifferenza agli strumenti della comunicazione contemporanea. Un'inversione sferzante per la politica degli ultimi anni, ormai edificata tambureggiando sulle mappe del consenso.

Basta uno spiffero su Twitter per capovolgere il senso di una giornata e costringere i media ad inseguire e a buttare al macero pagine già confezionate. Matteo Salvini vive quasi in simbiosi con il popolo dei suoi seguaci e arriva ad aprire in diretta su Facebook un avviso di garanzia, mandando all'aria ogni residua sacralità della giustizia. Ma non è certo un'eccezione: i 5 Stelle sono i teorici della democrazia diretta, anche se ne hanno forgiato, con tutto il rispetto, una versione quasi caricaturale con le improbabili votazioni sulla piattaforma Rousseau. In ogni caso nel cielo del web si trovano programmi, polemiche e scintille, ruote del pavone, commenti tarati su matrimoni e funerali, abbracci con prime o seconde famiglie, pranzi, cene e degustazioni varie, in una terra grigia che non sai più se sia privata o pubblica.

Ora però la marea si ritira: riempire ogni istante di messaggi non significa guadagnare automaticamente autorevolezza.

Il carisma non si consolida con qualche mitragliata di caratteri. Draghi al momento non ha neppure un portavoce, in contrasto totale con i suoi predecessori: Rocco Casalino - che ha appena dato alle stampe la sua biografia dal titolo Il portavoce - era l'altra gamba di un governo che i critici chiamavano appunto Conte-Casalino.

Apparire per esistere versus prima fare e poi, se il caso, far sapere. Solo Vittorio Colao, che è stato alla testa di Vodafone, ha una certa dimestichezza con Facebook, dove si trova qualche sua foto in sella alla bicicletta, la sua passione, e con Instagram, teatro di post tecnici, naturalmente in inglese. Ma sono aspetti, come dire, complementari di un personaggio che, come i suoi colleghi entrati nella squadra di Draghi, sposta le lancette all'indietro.

Siamo ancora agli esordi e ci sarà un assestamento, ma è facile immaginare che certi rituali in voga nella Prima repubblica torneranno d'attualità. La conferenza stampa a quella determinata ora tornerà a riempire i taccuini dei cronisti che oggi sono immersi in un flusso perenne di notizie, comunicazioni, reazioni e duelli.

Siamo lontanissimi dai 700 mila follower di Luigi Di Maio e dagli oltre 200 mila di Mara Carfagna. Coincidenza: pure Giancarlo Giorgetti, il più tecnico dei ministri della Lega, è assente dallo spazio della rete. E in verità pure Erika Stefani è una sagoma invisibile nel buio dei social.

Più tradizione e meno adrenalina. Un passo meno accelerato ma forse più solido. Ci sarà modo di analizzare e pesare la rivoluzione discreta in corso. Per sottrazione, senza proclami e strepiti.

Meno concitazione e, si spera, più ponderazione. In controtendenza, se pensiamo alle querelle furibonde su Donald Trump, espulso a vita da Twitter per aver sobillato i suoi fino all'irruzione a Capitol Hill.

Con Draghi & company siamo in un'era pre Twitter. Nella modernità ma fuori dalla ruota che macina messaggi senza soluzione di continuità.

Sotto i riflettori, ma senza l'ansia da prestazione di chi passa tutto il tempo, e pure quello che non ha, a sintonizzare le antenne sugli umori e le attese degli elettori.

I Draghi Boys sono molto meno presenti, ma forse più vicini a tutti noi.

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