Putin tace, i suoi dipendenti esultano. A far gioire il Cremlino sono soprattutto i risultati in Germania e Francia, dove l'avanzata di due forze «amiche» (sia pure con sfumature diverse) come AfD e lepenisti sembra giustificare l'esultanza russa. «Macron e Scholz sono aggrappati al potere con tutte le forze», dice l'ex presidente della Duma Vyacheslav Volodin. «Dovrebbero dimettersi e smettere di prendere in giro i loro cittadini, vittime del ristagno dell'economia, della crisi migratoria e coinvolti nella guerra in Ucraina, contraria ai loro interessi». «Non rispettabili Macron e Scholz, avete visto i risultati?», ironizza l'ex presidente Dmitry Medvedev. «Frutto della vostra inetta politica, dei vostri idioti provvedimenti economici e della vostra politica di immigrazione». Su toni analoghi le fonti ufficiali. «I partiti ostili alle sanzioni contro la Russia vincono le elezioni europee» era il titolo sul sito di Rt, diretta emanazione statale. Meno trionfale l'agenzia Tass: «I cittadini europei si sono espressi contro le politiche di Bruxelles, ma non saranno ascoltati» visto che sotto Ursula von der Leyen continueranno «misure impopolari» come le sanzioni e la procedura d'accesso dell'Ucraina alla Ue.
Proprio le parole della Tass sembrano sottolineare che, come spesso accade, la realtà è più complicata della propaganda. E che la vittoria di molti partiti filo-russi potrebbe non tradursi in conseguenze concrete. In Germania, per esempio, alla sconfitta di Olaf Scholz corrisponde il rafforzamento della Cdu-Csu, grande favorita alle prossime elezioni politiche, che potrebbe rivelarsi molto più anti-russa della Spd, caratterizzata da rapporti spesso ambigui con gli ex compagni sovietici.
Per i russi arriva anche qualche campanello d'allarme, come quello proveniente da Budapest. Il partito di Viktor Orbán ha fatto negli ultimi anni da alfiere degli interessi di Russia e Cina (primo investitore nel Paese) all'interno della Ue. Sia pure con un rassicurante 44%, Fidesz ha riportato il risultato peggiore degli ultimi 20 anni, contrapposto a un nuovo partito emergente, Tisza, vicino al partito popolare. A pesare, secondo gli esperti la situazione economica e proprio l'eccessiva vicinanza a Mosca.
Non vince nemmeno il premier slovacco Fico, insieme a Orbán il più filo-russo tra i leader dell'Europa orientale, che è stato superato dai rivali di Slovacchia progressista. E anche in Italia, il successo di una Giorgia Meloni atlantista e l'incertezza di due forze meno decise nell'appoggio all'Ucraina, come Lega e Grillini, non possono essere considerate per Mosca un successo. Si può dire lo stesso in Polonia: le due forze maggiori, Pis e Coalizione Civica, sono risolutamente anti-russe, anche se fa per la prima volta fa capolino a Bruxelles un partito più favorevole a Mosca, animatore delle proteste anti-ucraine, Konfederacja, con il 12%.
Dove invece i filo-russi sfondano alla grande è in Austria, con il successo della Fpö, Freiheitliche Partei Österreichs, l'estrema destra austriaca, da sempre con buoni rapporti al Cremlino e ormai diventata la prima forza politica del Paese con oltre il 27% dei consensi. In ottobre in Austria si vota per le elezioni politiche e il partito a lungo guidato da Jörg Haider si candida al clamoroso successo. Ce ne sarebbe abbastanza per preoccupare l'Ucraina.
Qui, al silenzio di Zelensky fa da contraltare un commento dell'Ukrainska Pravda: è vero, l'ultradestra vince in Europa, ma facendo bene i conti l'appoggio a Kiev non si riduce poi di molto: su 720 deputati almeno 600 fanno parte di gruppi a noi favorevoli.
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