Divorato dalle sue stesse «creature». È una sorta di nemesi criminale quella che i carabinieri dei Ros ha scoperto nel corso dell'operazione che ha disarticolato, grazie a 39 arresti (eseguiti in Veneto su richiesta della Dia di Venezia), la struttura della nuova Mala del Brenta, cioè gli eredi di quella banda che Felice Maniero (nella foto) mise su negli anni '70 per poi contribuire a smantellarla grazie al suo pentimento nella metà degli anni '90. Uno sgarro che in tutti questi anni non è mai stato perdonato a «faccia d'angelo», per un ventennio leader di un'organizzazione specializzata in rapine, assalti a portavalori, colpi in banche, uffici postali e accusato di omicidi, traffico di armi, droga e associazione mafiosa. Area di influenza: il Nord-Est, ma non solo.
Tutti gli uomini finiti ieri in manette devono rispondere di associazione per delinquere, detenzione e porto di armi da fuoco, spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, usura e altri delitti, alcuni dei quali aggravati dal reato di associazione mafiosa. L'indagine ha accertato, tra l'altro, l'esistenza di un «piano segreto» per eliminare il «traditore» Maniero. Un «progetto di morte» che sarebbe servito a «cementare il nuovo sodalizio» sviluppatasi a partire dal 2015, a seguito della liberazione, dopo anni di detenzione, di esponenti di spicco della frangia dei «mestrini», braccio armato della ex Mala che aveva in «Felicetto» il suo boss-simbolo.
Un attentato al quale Maniero sarebbe scampato nel 2019 solo per un caso «fortuito»: l'arresto per maltrattamenti nei confronti della compagna. E così, tornato in carcere «faccia d'angelo», saltò anche l'agguato contro di lui.
La new generation della Mala del Brenta aveva i propri punti di forza in cinque personaggi-chiave: Loris Trabujo; Gilberto Boatto; Paolo Pattarello; Gino Causin e Antonio Pandolfo. Secondo i Ros, il nuovo gruppo «voleva eliminare Maniero, tanto da aver preso dei contatti con malavitosi di Brescia, dove l'ex boss vive da anni sotto un nuovo nome». Nel mirino degli eredi della vecchia Mala del Brenta c'era anche Paolo Tenderini, ex «mestrino» del gruppo storico. Nel caso di Tenderini, la sua salvezza è legata al fatto che l'esplosivo con cui era in programma di farlo saltare, venne intercettato e sequestrato appena prima dell'attentato.
Ma «Felicetto» come ha preso la notizia del progetto di omicidio ai suoi danni?
Per lui ha parlato con l'Adnkronos l'avvocato Rolando Iorio: «Non solo Maniero prende le distanze dalla ricostituita Mala del Brenta ma anzi la disconosce, essendosi lui stesso, il boss, pentito. Maniero non ha paura non solo per il carattere guascone che lo contraddistingue, ma soprattutto perché non si ritiene responsabile degli anni di carcere che sono stati inflitti ai membri della banda dopo le sue dichiarazioni confessorie». «A riprova del fatto che non teme per la sua incolumità - aggiunge il legale - c'è che, prima dell'ultimo arresto, è stato per anni libero. Sarebbe potuto andare in qualsiasi parte del mondo, ricostruirsi una nuova vita, avendo pure un'altra identità. Invece è rimasto in Italia».
In una lettera scritta all'Adnkronos lo stesso Felice Maniero, che oggi ha 67 anni, aveva infatti
invitato le nuove generazioni a «non imboccare la scorciatoia della criminalità in cerca di facili guadagni, ma di seguire la via della legalità, a lungo termine più remunerativa in termini di libertà e qualità della vita».
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