Ospite del convegno "Ius Soli. Italiano, modestamente, lo nacqui", organizzato quest'oggi da Acli presso la sede nazionale di via Marcora a Roma, Enrico Letta è tornato alla carica per cambiare le regole per ottenere la cittadinanza italiana.
Il segretario preannuncia il suo strenuo impegno nella realizzazione di un progetto per il quale da sempre il Pd si batte, promettendo che, se anche non risultasse possibile portarlo a compimento in questa legislatura, ci sarà sempre la prossima per attuarlo (sempre che, ovviamente, le urne possano permettere ai dem di tornare al governo)."E lo vogliamo fare a partire da un grandissimo sforzo culturale", annuncia in pompa magna l'ex premier. "L'ho volutamente messo nel dibattito di uscita dalla pandemia perchè io mi sento di legare le due cose. L'Italia nuova del post pandemia deve emendarsi di tanti difetti del passato". Dopo aver sconfitto il virus, quindi, il Paese deve battersi per estendere la cittadinanza italiana agli immigrati. Dopotutto, bacchetta Letta dal palco, si tratta di una legge che si sarebbe dovuta fare almeno "dieci, venti anni fa. Tra 2012 e 2013 c'è stato un momento con Balotelli in nazionale e Cecile Kyenge al governo in ci siamo stati più vicini a quel salto e rendere quella cosa naturale con un passo avanti collettivo per il paese. Poi si è tornati drammaticamente indietro", dichiara amareggiato il segretario del Pd, "e si è fatto un cortocircuito tra la crisi migratoria e la legge sulla cittadinanza e questo ha creato una sovrapposizione in cui le due cose si sono legate mentalmente e culturalmente. Questo", ci tiene a precisare ancora Letta, "ha snaturato la riflessione che è una riflessione che riguarda la cittadinanza e non la politica migratoria e va scissa rispetto alla questione complessiva degli sbarchi. Non ha nulla a che vedere con questo, va staccata in modo definitivo e c'è da fare un fortissimo lavoro di tipo culturale ed educativo".
Laddove neppure Balotelli e Kyenge hanno potuto, tuttavia, i dem sono certi di poter arrivare, specialmente facendo leva sull'emergenza sanitaria e sul discorso populista del significato che questa debba lasciare sul popolo italiano, almeno a detta dell'ex premier: "Dalla pandemia deve uscire un'Italia migliore che guarda al futuro, che abbia una legge sulla cittadinanza", esorta con parole altisonanti l'ex premier."Un'Italia che capirà che apertura e diversità non sono limiti ma sono vantaggi. Su questa linea dobbiamo costruire un fronte largo per far sì che questo messaggio sia comprensibile facilmente. Noi faremo tutto quello che dovremo fare, in Parlamento e fuori", garantisce Letta al suo uditorio.
Il passo successivo del segretario dem è un'autocelebrazione della sua ostinazione sul tema, nonostante in tanti abbiano cercato di dissuaderlo dal percorrere tale via. E soprattutto, ci tende ancora a specificare Letta, non c'entra nulla la volontà di accaparrarsi qualche consenso elettorale in più: "Amici mi hanno detto 'sì però, vacci piano, perché adesso?' perché non hanno capito che non c'entra niente con gli sbarchi. È una battaglia che va legata al presente e futuro dell'Italia. Il Pd la farà e non per motivi elettoralistici ma perché pensiamo che questa bandiera rappresenta il futuro dell'Italia".
Basta chiudersi a riccio, meglio spalancare le porte del Paese, altrimenti saremo più poveri, almeno a detta del segretario dem:"L'Italia, la Polonia e la Romania sono i tre Paesi che demograficamente rimpiccioliscono. Abbiamo un futuro di una Italia più povera se continuiamo in una logica di chiusura ed esclusione. Ho voluto legare questa battaglia dall'uscita dalla pandemia per avere una legge sulla cittadinanza che ci renda migliori.
Sarà migliore se capirà che inclusione e diversità non sono limiti , ma sono vantaggi", dice Letta in conclusione. "Saremo su questa linea, faremo tutto quanto è necessario, costruiremo un fronte largo per fare in modo che questo messaggio sia compreso facilmente".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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