Il paziente sul lettino, di spalle all'analista: ne ha fatta di strada la psicanalisi da quando questo «setting» era considerato obbligatorio. Jung ha introdotto il vis-à-vis, sono nate le terapie di gruppo, di coppia e familiare, ma è stato anche l'avanzamento della tecnologia a modificare la struttura delle sedute. Se il carteggio tra Freud e Fliess, alla fine del 1800, può essere considerato il primo esempio di psicoanalisi per via epistolare, di «telephone analisis» si discuteva già a metà del secolo scorso. Prima che arrivasse il computer a creare una quantità di nuove opzioni.
In un mondo in cui quasi la metà dei 7,5 milioni di abitanti sono attivi su internet - in media ci passiamo 6 ore da pc o tablet e più di 2 da smartphone - e lì cercano, oltre a tutto il resto, anche risposte sulla propria salute, era inevitabile che vi sbarcassero anche i medici. Le prime pratiche psicologiche telematiche furono tentate nei primi anni 70 negli Usa, dove oggi uno psicologo su cinque offre consulenza online. E anche da noi il fenomeno inizia a prendere piede.
Secondo un censimento condotto nel 2015 dall'ente di ricerca Anima in Italia sono circa 5000 i siti web che teoricamente offrono servizi psicologici, anche se in effetti solo il 10% lo fa davvero. Molti sono aspecifici, altri sono gratuiti del tipo «l'esperto risponde», altri ancora sono quelli su cui i privati esercitano la libera professione. Si stima che attualmente siano circa 2000 gli psicologi italiani che lavorano online: quelli che lo fanno o lo hanno fatto sono il 16%, mentre un altro 54% si dichiara interessato. Tutti dati che sono in costante aumento.
Ma come funziona esattamente? In un documento del 2017 sulla digitalizzazione della professione l'Ordine degli Psicologi definisce come prestazione psicologica online «tutte le azioni professionali offerte da un professionista in carne e ossa a un cliente finalizzate a informare, sensibilizzare, supportare, modificare, prevenire, curare, abilitare e riabilitare, attraverso l'ausilio delle nuove tecnologie di comunicazione». E individua tre modalità prevalenti di intervento: testuale (che sfrutta email e chat per comunicare in modo asincrono o sincronico), audio e video. Possono essere di supporto al metodo tradizionale oppure di ricerca, per studiare nuovi meccanismi alla base dei processi di cambiamento.
Da un punto di vista deontologico è responsabilità di ogni psicologo valutare in base alle caratteristiche della terapia e dei pazienti l'adeguatezza di questi strumenti, che dovranno fornire entro i limiti della loro competenza e rendendosi ben identificabili. Di fatto è un mercato con grandi potenzialità che più facilmente può essere conquistato da chi padroneggia il mezzo e magari è disponibile ad offrire tariffe concorrenziali: la psicoterapia online infatti costa meno di quella classica, per una seduta in videoconferenza si va dai 20 ai 90 euro mentre per una consulenza via email il prezzo oscilla dai 15 agli 80 euro.
C'è poi una nuova frontiera che è rappresentata dall'automazione completa e dalla realtà virtuale o aumentata. Il primo «chatterbot» capace di superare il test di Turing - ossia fare in modo che l'utente non fosse in grado di distinguere se le risposte arrivavano da un computer o da un uomo - risale agli anni '60, oggi esistono software capaci di fornire il profilo psicologico di un soggetto attraverso l'analisi del testo o delle sue pagine sui social network.
Ma mentre i simulatori sono stati sdoganati perché possono aiutare a vincere alcune paure se utilizzati nel quadro di una terapia, il giorno in cui l'intelligenza artificiale potrà prendere il posto dei medici umani non è ancora vicino.
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