L'agricoltura europea è già sostenibile e il compito della Commissione è di aiutarla nella competizione economica, non di salvare il Mondo.
Nella retromarcia delle ultime ore, la presidente von der Leyen ha sottolineato che «l'agricoltura deve passare a un modello di produzione più sostenibile, in modo che le loro aziende rimangano redditizie negli anni a venire». Errore doppio. Innanzitutto il modello europeo, in agricoltura come nei servizi e nell'industria, è di gran lunga il più sostenibile al mondo. Produciamo circa il 20% del PIL mondiale a fronte del 7% di emissioni, in diminuzione da decenni. Anche in termini pro-capite siamo tra i più virtuosi, se si escludono i Paesi poveri dove le persone soffrono. Per questi anzi dovremmo essere il riferimento affinché crescendo non aumentino troppo le emissioni pro-capite. Vero, è così anche perché lasciamo fare il lavoro sporco agli altri da cui poi importiamo i prodotti. Ma quelli operano così per essere competitivi e far crescere le loro economie, tirando fuori dalla povertà centinaia di milioni di esseri umani. In secondo luogo, i fatti indicano che la relazione tra sostenibilità e redditività è inversa: sale una, scende l'altra.
Ovviamente, nessuno fa il tifo per un ambiente meno salubre e gli sforzi vanno mantenuti, tutti. Ma sia chiaro che ogni sistema economico, e l'Europa non fa eccezione, compete con gli altri nella produzione di ricchezza da distribuire ai suoi cittadini. La politica ha il compito di aiutare l'economia. Sì, deve anche salvaguardare gli standard ambientali, nell'interesse della salute e del territorio. Solo che, mentre questo obiettivo è già raggiunto, sulla competitività pare che stiamo non solo indietro ma pure arretrando. Il PIL pro-capite europeo in vent'anni è cresciuto della metà; quello americano è più che raddoppiato. La Commissione fa la lepre dell'ambientalismo raccontando che la sua, e nostra, missione sia di salvare il Pianeta. A parte che abbiamo già dato, non c'è verso di riuscirci se siamo solo noi a farlo.
A margine, va detto che quando i cittadini scendono in piazza c'è qualcosa nella catena della rappresentanza che non ha funzionato.
Hanno voglia le associazioni a dire che le richieste dei trattori le avevano già avanzate loro. Il punto è che non le hanno ottenute. Forse devono cambiare metodo, visto che tavoli e comunicati stampa non portano da nessuna parte.
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