L'ex pugile dell'"Isola dei famosi" prestanome del boss di Milano

Armi, droga, minacce: 13 arresti. Azzerata la banda del figlio di Pepè Flachi. Con lui pure Franco Terlizzi

L'ex pugile dell'"Isola dei famosi" prestanome del boss di Milano

Sono i criminali milanesi del ventunesimo secolo, quelli che sanno unire l'esperienza e i legami ereditati dai padri con la tecnologia della modernità: per trafficare armi e droga usano SkyEcc e Xrypt, le messaggerie e i telefoni preferiti dal crimine internazionale. Ma l'indagine del Gico della Guardia di finanza di Milano è riuscita a «bucare» le conversazioni fin troppo esplicite di capi e gregari. Nelle loro auto sono stati piazzati microfoni e telecamere ad alta definizione. Per un anno, fino alla retata di ieri, sono stati seguiti in diretta traffici, accordi, faide interne. Ieri, anche per il timore che una «talpa» interna alla Dia potesse rovinare l'inchiesta, scattano tredici arresti.

Il nome che fa più notizia è quello di Franco «Francone» Terlizzi: ex pugile, approdato all'Isola dei Famosi, vulcanico e polemico, nonché presenza fissa della Curva Sud di San Siro, il covo della tifoseria ultrà del Milan che per l'ennesima volta si rivela infestato da uomini del crimine organizzato. Nell'organizzazione, Terlizzi ha l'appalto di un settore specifico di attività: la truffa alle compagnie di assicurazione, la sistematica simulazione di incidenti stradali che - grazie anche alla corsia preferenziale garantita da un ex appartenente all'Arma - venivano denunciati prima ancora di avvenire. Terlizzi secondo il provvedimento di fermo agiva anche come prestanome del vero dominus dell'organizzazione, Davide Flachi. Si tratta di uno dei figli di Pepè Flachi, storico boss del quartiere Comasina, morto pochi mesi fa nella comunità dove scontava per motivi di salute numerosi ergastoli. Flachi era stato all'inizio degli anni Novanta uno dei protagonisti della cruenta guerra di mafia che aveva insanguinato Milano, da una parte le famiglie calabresi, dall'altra i clan napoletani. Tra le vittime collaterali c'era stato il figlio di Raffaele Cutolo, che si era rifugiato al Nord, a Tradate, ma era stato individuato e ucciso. Il figlio, in un'intercettazione, viene descritto così da uno dei 13 arrestati: «Il gigante è messo bene, ha delle belle amicizie... è uno che si fa valere... già ai tempi lo avevano arrestato perché era con suo padre (Pepè), gli hanno dato l'associazione perché prendevano le tangenti in tutta Milano. Lui piccolino (di statura) però picchia di brutto (...) e poi essendo il figlio di eh, la gente aveva paura».

Le accuse sono di associazione a delinquere, traffico di droga, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, traffico di armi. Particolarmente inquietante viene considerato dagli inquirenti quest'ultimo settore di attività, documentato dalle foto di armi da guerra trattate dall'organizzazione, alcune delle quali sono state sequestrate durante le indagini preliminari. Dalle intercettazioni si intuisce che sono armi provenienti dall'Est Europa grazie anche ai contatti che la prima generazione dell'organizzazione era riuscita ad allacciare, e che sono evidentemente rimasti operativi nei decenni.

Nella sua «modernità»,

l'organizzazione era anche in grado d trasferire capitali utilizzando i canali etnici di trasferimento contati, compresa la rete hawala, impiegata abitualmente dai terroristi islamici ma qui interfacciata grazie a broker cinesi.

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