Le elezioni francesi possono rappresentare un esempio di scuola per spiegare a più di un politico italiano la differenza che passa tra una competizione tra due poli o tre. Nel primo turno quando i partiti transalpini sono andati ognuno per conto proprio la destra sembrava aver spazzato via dal campo tutti gli avversari. Nel secondo, invece, quando con la «tecnica» della desistenza tra centro e sinistra (anche questa un'invenzione tutta italiana per mettere insieme all'epoca Ulivo e Rifondazione) nei fatti si sono affrontati due schieramenti e la Le Pen è arrivata addirittura terza dopo il Fronte popolare e i macroniani.
Ora in Italia potrebbe esserci un processo simile. Le prime avvisaglie si sono già viste alle ultime comunali. E francamente non è una sorpresa.
In un sistema bipolare la competizione finisce fatalmente per spostarsi al «centro». È la geometria della politica. Se la Marine di Francia non comprende questo concetto potrà continuare a collezionare il suo trend tradizionale, cioè presentarsi su una linea estrema, aver magari anche uno straordinario successo ma non andare mai al governo e neppure all'Eliseo. Le resterà sempre un mucchio di mosche in mano.
Nella consapevolezza di questo dato Giorgia Meloni è sicuramente più avanti della collega francese. Da quando è al governo, ma anche nella campagna elettorale, la leader di Fratelli d'Italia ha assunto nella sua proposta politica una traiettoria e una postura che l'hanno portata su posizioni meno estreme salvaguardando, però, pezzi d'identità: basta guardare alla sua collocazione europea e all'atteggiamento che ha tenuto sulla guerra in Ucraina. Posizioni agli antipodi della Le Pen e in direzione opposta rispetto alla strada percorsa dal suo partner di maggioranza, Matteo Salvini. «La verità - ha spiegato ai suoi la premier - è che dipende molto dal sistema elettorale e quello francese è surreale. La vera unicità nel caso italiano non è aver vinto le elezioni, ma aver dimostrato che con intelligenza si può governare bene da destra senza tradire le proprie idee. Questo sì che è attualmente in Europa un esperimento unico. Dico però che l'intelligenza politica della Le Pen nel governare non la conosceremo mai, ecco perché quella legge elettorale in Francia pesa».
Appunto, alla Meloni va dato atto della sua capacità politica ma oggi non è dato sapere se ciò basterà anche in futuro. Le ragioni sono diverse ma possono essere condensate nel cambiamento di scenario: il centro-destra ha vinto le ultime elezioni politiche in un sistema tripolare ora ineluttabilmente si andrà verso un sistema bipolare, da un parte l'attuale coalizione di governo e dall'altra il cosiddetto «campo largo»; a settembre Giuseppe Conte organizzerà un'assemblea costituente del movimento grillino proprio per attrezzarlo alla nuova fase ed è ormai palese che tutta l'iniziativa politica di Elly Schlein punti ad un'alleanza che metta insieme dai «centristi» fino ai grillini. «Nessun veto» è il suo mantra. Certo c'è ancora chi recalcitra (centristi di vario tipo), ma alla prova dei fatti, messi alle strette se s'impone lo schema bipolare è difficile per chiunque su quel versante sottrarsi: in fondo la lezione francese dimostra che in politica può crearsi una desistenza anche tra due personaggi che si detestano in pubblico come Macron e Melenchon.
Questo processo apparentemente ineluttabile, però, può essere messo i discussione se sul versante del centro-destra sarà assunta un'iniziativa politica che tenti di portare i confini della coalizione un po' più in là, un po' più al centro. Il vettore di un'operazione del genere potrebbe essere Forza Italia o, diversamente, la coalizione di governo potrebbe portare a sé altri pezzi di cultura liberale. In questo processo la Meloni potrebbe avere un ruolo formidabile visto che pesando le quote di consenso dei vari partner dello schieramento nessuno può nemmeno aspirare a metterne in discussione la leadership.
Ma la lezione francese si porta dietro anche altri corollari: sicuramente un supplemento di riflessione sul premierato e, ancora di più, una valutazione più attenta dell'ipotesi che da qualche parte serpeggia di dare all'opposizione una legge elettorale a doppio turno per avere in cambio questa riforma istituzionale. In questo caso il rischio per il centro-destra diventerebbe davvero grosso.
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