Dalla Libia tutti in Italia: 800mila pronti a invaderci

L'allarme di Serraj: se non ci aiutate a fermare Haftar la guerra porterà distruzione anche nei Paesi vicini

Dalla Libia tutti in Italia: 800mila pronti a invaderci

Lo scenario prospettato dal presidente libico Fayez Al Serraj è catastrofico: ci sarebbe un grande numero di migranti pronto a partire in direzione dell'Italia. L'offensiva scatenata dal rivale Khalifa Haftar per lui sta portando una nuova ondata di disordini che potenzialmente potrebbero degenerare nel caos più totale.

«Non ci sono solo - ha detto il presidente in due interviste rilasciate a Repubblica e Corriere della Sera e anticipate dai rispettivi siti - gli 800mila migranti potenzialmente pronti a partire, ci sarebbero i libici in fuga da questa guerra, e nel Sud della Libia sono già ritornati in azione i terroristi dell'Isis che il governo di Tripoli con l'appoggio della città di Misurata aveva scacciato da Sirte tre anni fa».

E lancia l'allarme: «Ringrazio l'Italia per aver tenuto aperta la sua ambasciata, per mantenere in funzione l'ospedale da campo a Misurata, per il supporto politico che il governo Conte ci sta offrendo. Ma siamo di fronte a una guerra di aggressione che potrà diffondere il suo cancro in tutto il Mediterraneo. C'è bisogno che l'Italia e l'Europa siano unite e ferme nel bloccare la guerra di aggressione di Khalifa Haftar, un uomo che ha tradito la Libia e la comunità internazionale».

I libici hanno, oltretutto, arrestato nei giorni scorsi un terrorista giunto a Tripoli da Sebha per fare un sopralluogo degli obiettivi da colpire. La notizia viene rimarcata anche sui media locali, che accusano l'Europa di immobilismo e chiedono aiuto, soprattutto perché il bilancio di morti e feriti continua a salire. Comprensibile, quindi, che ci sia chi è tentato di andarsene da quella terra già martoriata da anni di instabilità. Fonti vicine al Viminale fanno capire che per il momento non ci sarebbe evidenza di una imminente partenza di migranti dalla Libia, ma Serraj è sicuro e ai giornalisti italiani in loco ha rivelato: «L'azione a tradimento di Haftar porterà distruzione alla Libia e ai Paesi vicini, non sarà possibile nessuna trattativa se non cesserà il suo attacco alla popolazione e se non si ritirerà».

Il ministero dell'Interno italiano al momento non ha un piano specifico per bloccare eventuali partenze incontrollate. Le misure restano le stesse: l'ordinanza che blocca i porti e che impedirà a chiunque, soprattutto alle Ong che non vedono l'ora di raccogliere gente dai barconi, di entrare in acque italiane, ma anche una politica mirata a far sì che l'Europa lavori di concerto con il nostro Paese per evitare che i flussi possano intensificarsi o che qualcuno possa approfittarne. Il Mediterraneo resta pattugliato da navi e aerei. Il controllo è in atto e continuerà a esserlo in questo momento di particolare crisi.

Ma che accadrebbe se Serraj avesse ragione? In quel caso non si può escludere neppure un blocco navale, per evitare che succeda ciò che accadde dopo la Primavera araba, quando sulle nostre coste arrivavano quasi 200mila persone all'anno. Insomma, dai ministeri questo non trapela, ma fonti militari fanno sapere che, qualora il rischio invasione dovesse davvero esserci, i piani sono già pronti. A mali estremi, insomma, estremi rimedi.

Un caso limite, ovviamente, perché per adesso, finché il reale pericolo non sussiste, si preferiscono le vie diplomatiche, sicuramente meno dolorose.

Il tutto mentre si continua a tenere d'occhio una situazione potenzialmente esplosiva, ma che per qualche fonte diplomatica dovrebbe risolversi nel giro di qualche giorno.

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