La Libra è pronta a salpare: riparte la missione Albania

Dopo l'ultimo decreto torna in azione la nave per trasferire i migranti. Il presidente del Ppe: "È in linea con valori e principi dell'Europa"

La Libra è pronta a salpare: riparte la missione Albania
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Il governo non si ferma e nonostante gli «stop and go» dettati dagli interventi dei Tribunali, fa ripartire l'operazione Albania. Definita in maniera più chiara la lista dei Paesi sicuri, con un elenco di 19 Paesi che rispondono a questo requisito e l'eliminazione di Nigeria, Colombia e Camerun, la nave Libra della Marina Militare è pronta a tornare al largo delle coste dell'isola di Lampedusa e i centri di Shengjin e Gjadër a riaprire le porte ai migranti.

Dalla giornata di domani, se la Marina dovesse recuperare in acque internazionali eventuali migranti e questi fossero idonei al trasferimento, saranno portati nel Paese balcanico, dove verranno seguite le nostre procedure di asilo, in ottemperanza con le normative vigenti dell'Unione europea. A bordo della nave, così come nella precedente operazione, ci saranno anche operatori Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, per contribuire all'individuazione dei soggetti fragili non idonei al trasferimento. Naturalmente si attende anche l'esito dell'interpellanza presentata da un giudice di Bologna, Marco Gattuso, alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Il tribunale dovrà stabilire se il decreto del governo italiano deve essere applicato o se al contrario va disapplicato in quanto contrario al diritto europeo. Un percorso a ostacoli che deve anche fare i conti con la decisione del tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento in Albania dei primi 12 migranti, trasportati nel corso della prima missione.

L'azione del governo è naturalmente soggetta in questa fase a un costante fuoco di sbarramento di polemiche politiche e mediatiche.

L'ultima è quella che riguarda il costo giornaliero per agente di 80 euro, per i circa 300 operatori delle forze dell'ordine dislocati in Albania. Ma come fa notare Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp la somma sarebbe «assolutamente inadeguata a garantire le stesse condizioni in Italia, dove è impossibile trovare alloggio e pasti dignitosi con un budget così ridotto. I costi nel nostro Paese per lo stesso numero di operatori, ad esempio a Lampedusa, sarebbero di gran lunga superiori e rappresenterebbero un onere maggiore per lo Stato. Queste critiche, dunque, sono del tutto infondate e, anzi, ignorano il risparmio che questa scelta comporta. È paradossale parlare di sperpero quando si tratta solo di garantire condizioni adeguate ai nostri agenti, soprattutto considerando che la spesa totale per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina supera i due miliardi di euro l'anno. I costi per ogni migrante negli hotspot italiani vanno dai 40 ai 60 euro al giorno, ai quali si sommano le spese sanitarie, di trasporto, di manutenzione, di utenze, di sicurezza antincendio. Per i minori non accompagnati, invece, il ministero dell'Interno rimborsa ai Comuni circa 100 euro al giorno. Assicurare condizioni dignitose alle forze dell'ordine è un dovere di ogni Stato».

Chi decide di alimentare le polemiche accese a sinistra è Romano Prodi che al Messaggero parla «di iniziativa non di grandi dimensioni ma dal costo rilevante e di rilevante valenza politica».

Il presidente del Gruppo del Ppe, Manfred Weber, parlando con La Stampa ribadisce invece il suo sostegno all'iniziativa italiana. «Tutte le soluzioni innovative hanno bisogno di tempo. Il modello Albania rappresenta un tentativo, in linea con il diritto e i valori europei, di fermare il modello di business dell'immigrazione illegale: tutto ciò che va in questa direzione è chiaramente il benvenuto». Sullo sfondo si accende anche una piccola polemica su una comunicazione che sarebbe stata data dal ministero della Giustizia al Tribunale di Roma in merito al riavvio del protocollo Italia-Albania.

«Sono passate alcune ore dalla lettura su Il Domani della notizia di una telefonata partita dal ministero della Giustizia in cui si comunicava agli uffici del tribunale di Roma che un'altra nave sarebbe ripartita per portare migranti in Albania» scrivono in una nota alcuni parlamentari Cinquestelle, che la vedono come «una preoccupante sfida interna alle istituzioni».

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