«La crisi del gas? Non bisognava imporre le sanzioni economiche alla Russia. Bisognava dare subito all'Ucraina le armi più moderne, ma non unire guerra e sanzioni economiche». L'economista - e storico - Giulio Sapelli rievoca il «Generale Inverno» per commentare con il Giornale l'Europa spaccata di fronte alla crisi energetica. Con la Germania che prova a smarcarsi, stanziando 200 miliardi contro il caro gas per scongiurare il rischio che le sanzioni facciano più male a Berlino che a Mosca. Uno scenario che non dispiacerebbe, invece, agli Usa.
«Per gli americani è una doppia mossa del cavallo: penalizzano l'industria tedesca, la Russia e anche la Cina, perché il capitalismo tedesco passa per la Russia e arriva a Pechino. Il grande svantaggio è che noi esportiamo in Germania, quindi saremo colpiti. Ho letto un'intervista in cui Paolo Scaroni dice, in modo come sempre intelligente, una cosa che penso da sempre: vuoi fare le sanzioni? Allora prepara da subito una politica che ti metta al riparo dal fatto, prevedibile, che la Russia ti avrebbe chiuso il gas. E invece, ecco il frutto di un'incapacità politica che passerà alla storia. Tra 100 anni scriveranno libri su come la dottrina Monroe è stata applicata all'Europa distruggendo la Germania, e questo sarà il primo capitolo».
Intanto si parla di price cap e tetti con forchetta, ha senso?
«Favorirebbe solo gli importatori norvegesi che non fanno parte dell'Unione. Nella Ue non si mettono d'accordo su niente: in un insieme di nazioni unite solo dai trattati, senza una costituzione federale, non si può fare un price cap».
Cingolani ipotizza di indicizzare il prezzo del gas sganciandolo dal Ttf e agganciandolo «a Borse più stabili».
«Il ministro Cingolani deve mangiarne di pagnottelle. E dovrebbe dimettersi, perché non ha fatto nulla finora. Dividere il costo dell'elettricità dal gas va bene, ma bisogna finirla di comprare il gas con prezzi spot, determinati da qualsivoglia borsa. La soluzione è tornare ai contratti take or pay, che durano 20/30 anni e sono sulle quantità fisiche, non sui futures. Quando ero nel cda dell'Eni, il petrolio costava 12 dollari e il gas molto meno, perché lo contrattavamo con contratti a lungo termine. Adesso facciamo i contratti sui prezzi spot, e questa è la situazione: la liberalizzazione dei prezzi del gas è stata terribile».
Si può tornare indietro?
«Bisogna farlo. Il liberismo economico ha distrutto il mercato del gas, non l'ha creato. Il gas è un oligopolio, non si può trasformare in un mercato. Solo l'ultimo miglio è un mercato. E la vera crisi arriverà con il fallimento dei piccoli distributori dell'ultimo miglio, che dovranno pagare ai grandi distributori dei prezzi enormi e già non riescono a vendere alla clientela».
Tornando alla Germania, in questo quadro fa bene a smarcarsi dalla Ue e a giocare da sola?
«Cerca di difendersi, e lo fa con la risposta nazionalistica che è sempre nelle sue corde. Secondo me la Germania non fa bene, ma fa quello che le detta la sua storia. Mi stupisce il mutismo della Francia. Da Macron mi aspettavo una qualche azione. Invece non mi aspettavo niente dall'Italia: un Paese che da anni non ha un ambasciatore americano, che ha firmato nel 2019 un accordo con la Cina e si è messa fuori dal consesso delle potenze atlantiche. Purtroppo questo governo M5s filocinese ci ha portato ad allontanarci dagli americani e dall'Europa».
Ma la collocazione internazionale dell'Italia è più che mai atlantista, stando a quanto dichiarato da chi ha vinto le elezioni...
«Sì, però ora Giorgia Meloni deve dire che cancella il memorandum che abbiamo fatto con Xi Jinping. Aspetto che dica che quel memorandum non vale più nulla per noi».
A proposito del nuovo governo e del toto-ministri, per l'Economia si parla di Siniscalco...
«Me lo auguro. È la persona più competente di cui l'Italia dispone».
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