L'inchiesta scuote il Marocco "Attacco ai rapporti con l'Ue"

Il ministro degli Esteri si lamenta con Bruxelles. Sotto la lente i legami fra Panzeri e la belga Arena

L'inchiesta scuote il Marocco "Attacco ai rapporti con l'Ue"

Prima lo definiva «un amico». Adesso parla di «amicizia professionale», come a prendere un po' di distanze. Di sicuro Marie Arena, brillante deputata socialista belga, non potrà mai dire di non conoscere Antonio Panzeri. Perché negli atti dell'inchiesta sul Qatargate gli inquirenti, analizzando i tabulati telefonici, hanno trovato 389 contatti tra i due. Una intensità che si spiega solo con una robusta comunanza di interessi. Di fatto, quando Panzeri lascia dopo tre mandati l'Europarlamento, nel 2019, il suo braccio operativo diventa la Arena, che eredita il suo posto alla guida della commissione Diritti umani. E si spende a favore dei paesi che foraggiano l'ong messa in piedi da Panzeri, Fight Impunity: il Qatar e soprattutto il Marocco. È Panzeri a teleguidare l'intervento della Arena nell'incontro del 13 novembre con il ministro del Lavoro marocchino, che viene trattato con tutti i riguardi.

L'asse preferenziale che Panzeri garantisce a pagamento al governo di Rabat per i suoi rapporti con l'Unione europea è innegabile. Eppure ieri quando l'Alto rappresentante della Ue Jospeh Barrell arriva in Marocco per una visita ufficiale si trova a fare i conti con la sdegnata presa di posizione del governo locale. I marocchini non fanno chiarezza, non spiegano se e quali incarichi avessero dato a Panzeri e alla sua lobby, quanti soldi abbiano versato, ma in compenso si proclamano vittime di un complotto straniero e fanno sapere che l'inchiesta mette a rischio i rapporti tra il paese maghrebino e l'Europa.

«Il partenariato tra l'Ue e il Marocco è importante e va protetto», dice il ministro degli Ester Nasser Bourita, che parla «attacchi giuridici e mediatici» provenienti «anche dall'interno delle istituzioni europee». Queste manovre sarebbero «il risultato di azioni che hanno il Marocco al centro e oggetto di calcoli di altri per colpire questa relazione». Nessuna spiegazione, come si vede, sui ripetuti contatti tra Panzeri e l'ambasciatore marocchino a Varsavia, Abderrahim Atmoun e per suo tramite con Mohammed M., funzionario della Dged, i servizi segreti di Rabat. Contatti che garantirono un trattamento di favore del Marocco soprattutto sulla spinosa questione del Sahara occidentale, il territorio di cui il Fronte Polisario rivendica l'autonomia.

I traffici con il Marocco risalgono a oltre dieci anni fa, quando Panzeri era ancora eurodeputato. Agli atti dell'indagine un rapporto della missione marocchina a Bruxelles che tranquillizza il governo di Rabat: gli incontri che Panzeri si accinge a fare con gli alleati del Polisario sono solo una sceneggiata per apparire imparziale, «lui è un nostro caro amico».

Quando nel 2019, dopo tre mandati, Panzeri cessa la carica e si mette in proprio fondando Fight Impunity, nelle posizioni chiave per favorire il governo marocchino approdano due suoi buoni amici: ai Diritti umani viene nominata la Arena, quella delle 389 telefonate; alla commissione per i rapporti col Maghreb arriva il piddino napoletano Andrea Cozzolino. È Panzeri a presentare a Cozzolino l'ambasciatore Atmoun, e a coinvolgerlo nelle operazioni di sostegno al governo marocchino.

Ieri nella sua missione in Marocco il rappresentante della Ue si ritrova stretto tra questa massa di elementi di accusa e l'indignazione del governo locale.

Borrell se la cava in qualche modo, «è una questione che evidentemente ci preoccupa, le accuse sono gravi e non ci può essere impunità per la corruzione». Ma non spiega se, almeno in privato, ha chiesto ai marocchini di spiegare cosa combinassero insieme Atmoun e Panzeri.

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