Mario Riccio ha una certa dimestichezza, se così si può dire, con la morte. O per lo meno ha imparato quando e come considerarla un diritto, anche quando il paziente in questione ha 8 mesi e non può disporre del proprio destino.
Anestesista all'ospedale di Cremona, ha staccato la spina a Piergiorgio Welby e ha partecipato alla stesura delle linee guida per il trattamento del fine vita in Terapia intensiva. Ma vede nella vicenda di Indi qualcosa di più amaro della decisione sulle sue sorti.
Cosa la lascia basito di questa battaglia?
«L'Italia è il paese purtroppo noto al mondo per le vicende pseudo sanitarie Di Bella, Vannoni, Stamina. Poteva evitare una nuova ribalta in materia di vane speranze di cura».
Quindi è contrario al trasferimento al Bambin Gesù?
«Per Indi non potrebbe servire neanche l'immediata disponibilità offerta dall'ospedale pediatrico. La vita è comunque un bene? Sibilla Barbieri (ndr, l'attrice da poco morta con il suicidio assistito) è stata costretta ad andare in Svizzera per trovare la morte che desiderava e che sarebbe stato suo diritto trovare in Italia ma ha incontrato un'insensata resistenza della sanità regionale laziale, nella sua richiesta di suicidio assistito, nonostante abbia dimostrato la sua penosa condizione».
Cosa pensa del ruolo determinante dei giudici inglesi?
«Io credo sia giusto che i minori non siano sotto la completa responsabilità dei genitori, soprattutto quando questi non stanno facendo l'interesse del bambino. Faccio un esempio meno doloroso della morte per capire: un bambino che ha i genitori contrari alle trasfusioni di sangue, ha comunque diritto a riceverle. Mi rendo benissimo conto il dramma che sta vivendo la famiglia di Indi, ma è giusto fare l'interesse della piccola».
Per «interess» intende staccare le macchine?
«Guardi, un tempo questa espressione mi dava molto fastidio, mi sembrava riduttiva. Poi mi sono reso conto che invece rende bene l'idea di quello che accade. Parlo da padre, non solo da medico: mi auguro che la bambina venga sedata».
Quindi sostiene che ci sia accanimento?
«Se il mondo medico non sta eccependo nulla, perchè lo facciamo noi italiani? Rischiamo di imbarcarci nella futilità della cura che non porta beneficio a nessuno. Nemmeno il Bambin Gesù ha una terapia di fronte a una malattia così grave».
Pensa che i genitori non si siano resi conto dell'impossibilità di salvare la bambina?
«Io non so cosa si aspettino i genitori. Non so se sperano davvero in una terapia o si accontentano di avere più tempo da trascorrere con la bambina. Purtroppo il miracolo in medicina non esiste ma è ovvio che una mamma e un papà in questo momento siano emotivi e irrazionali».
Cosa c'è di particolare in questo
caso, a parte la battaglia legale e diplomatica?«Decisioni sul fine vita di bambini così piccoli e con malattie così gravi vengono prese ogni giorno. Per questo non vanno alimentate false speranze in questa vicenda».
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