Beirut Ieri è stato uno dei giorni più sanguinosi per l'Irak da quando sono iniziate le proteste. I manifestanti hanno preso d'assalto e bruciato il consolato iraniano nella città santa di Najaf. Un'esplosione di rabbia contro l'intrusione di Teheran negli affari del Paese. L'Iran sostiene i gruppi paramilitari sciiti iracheni e molti manifestanti accusano il governo iracheno di maggiore lealtà verso Teheran che verso il proprio Paese. E imputano all'Iran di interferire nelle loro politiche interne e di dare sostegno al governo contro il quale stanno protestando.
Najaf è una città di antichi santuari per il pellegrinaggio degli sciiti. Ed è la sede del potente clero sciita iracheno. I manifestanti hanno fatto irruzione nel consolato, hanno strappato la bandiera iraniana e hanno dato fuoco all'edificio. I diplomatici sono stati evacuati e sono scappati prima dell'assalto. Un manifestante, Ali, ha descritto l'attacco al consolato come «un atto coraggioso e una reazione del popolo iracheno: non vogliamo gli iraniani». Ma prevede che ci sarà un'escalation di violenza: «Ci sarà vendetta dall'Iran, ne sono sicuro. Sono ancora qui e le forze di sicurezza continueranno a spararci».
I leader della milizia irachena filo-iraniana hanno cercato di far passare l'attacco al consolato di Najaf come un affronto al più alto leader religioso sciita iracheno, l'ayatollah Ali al-Sistani. E il comandante Abu Mahdi al-Muhandis ha minacciato di «tagliare la mano a chiunque cerchi di avvicinarsi ad al-Sistani». È il secondo attacco a un consolato iraniano in Irak questo mese dopo quello nella città santa sciita di Karbala avvenuto tre settimane fa. Ma già l'avamposto diplomatico di Teheran a Bassora era stato dato alle fiamme durante le manifestazioni nel 2018.
Ieri è stato un giorno di fuoco anche per altri avvenimenti. Almeno 25 persone sono state uccise durante la notte quando le forze di sicurezza hanno tentato di bloccare le manifestazioni nella città meridionale di Nassiriya usando proiettili di gomma, veri, e gas lacrimogeni. L'accesso a Internet è stato limitato. E dozzine di persone sono rimaste ferite. Mentre altre quattro sono state uccise nella capitale Baghdad, dove le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i manifestanti vicino al ponte sul fiume Tigri.
Ma soprattutto l'assalto al consolato potrebbe essere usato dal governo per giustificare una risposta dura. Un pretesto per reprimere e spiegare ciò che è accaduto come una minaccia contro Al-Sistani. Lo stesso Al-Sistani è stato dalla parte dei manifestanti da quando sono scoppiati i disordini. E ha chiesto ai politici di soddisfare le loro richieste di riforma. «L'Iran ha sottovalutato le manifestazioni», ha affermato Randa Slim del Middle East Institute di Washington. «Ma è probabile che Teheran, che sostiene la repressione del governo iracheno, cambi il suo approccio», ha precisato Slim. «Ora l'unica strada da percorrere per loro è raddoppiare la repressione».
L'esercito iracheno ha annunciato che sta istituendo cellule militari per reprimere i disordini. Il comando militare ha precisato che è stata creata un'unità di emergenza per «imporre sicurezza e ripristinare l'ordine». Per ora almeno 350 persone sono state uccise nella repressione delle forze di sicurezza.
Gli Stati Uniti hanno minacciato di imporre sanzioni ai funzionari iracheni considerati responsabili della mattanza e hanno dato l'appoggio alle richieste del popolo che vorrebbe un Irak libero dalla corruzione e dall'influenza iraniana.
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