L'Isis alla conquista dell'Italia. E gli 007 brancolano nel buio

A Sirte trovati documenti su jihadisti attivi da noi. E il Copasir: "Cresce il rischio di terroristi sui barconi"

L'Isis alla conquista dell'Italia. E gli 007 brancolano nel buio

Sono passati quattro anni dalla clamorosa sentenza della Corte di assise di Milano che lo assolse con formula piena dall'accusa di terrorismo internazionale, e l'ombra di Moez Fezzani torna a incombere su un Italia sempre più alle prese con l'emergenza islamica. Perché ormai ci sono due certezze: che quella sentenza fu un colossale errore giudiziario, e che Fezzani è stato - e probabilmente continua ad essere - la figura chiave della penetrazione jhadista nel nostro Paese, soprattutto in Lombarda e nel resto del Nord. Tanto che il suo nome riappare ora, nelle carte e negli scenari che i covi dell'Isis conquistati in Libia dalla coalizione lealista stanno rivelando agli 007 operanti nel caos della ex Jamaihria gheddafiana. È intorno alla figura di Fezzani e dei suoi diretti collaboratori che passa la rete di integralisti islamici che sta insinuandosi sotto traccia a Milano e nei territori circostanti. Una rete alimentata anche dai finti profughi che sbarcano nel nostro paese sui barconi: ad ammetterlo è finalmente il Copasir, il comitato parlamentare di vigilanza sull'intelligence, che dopo avere negato a lungo - anche a dispetto di vistosi dati di fatto - l'infiltrazione jihadista degli sbarchi è costretto a rassegnarsi all'evidenza. «Oggi si è in pieno caos - dice il presidente del Copasir Giacomo Stucchi - e nella fuga dalla Libia quelli che non sono diretti verso sud potrebbero anche decidere di tentare la carta del viaggio in Europa. Sono cani sciolti, gente allo sbando, poi si tratta di capire se voglia solo far perdere le proprie tracce o continuare a combattere».

Le cautele del Copasir sono quasi grottesche, visto quanto è già emerso chiaramente sui rapporti tra scafisti e organizzazioni terroriste, per esempio nelle indagini sulla strage del al museo del Bardo a Tunisi. Ma che anche il comitato parlamentare debba ammettere la realtà è significativo. E ancora di più lo è il fatto che le ammissioni arrivino in contemporanea con le notizie che arrivano da Sirte sui ritrovamenti nei covi jihadisti espugnati dalla coalizione. Secondo quanto riportato ieri dal Corriere della Sera, i servizi segreti libici avrebbero rinvenuto nei covi abbandonati dalle forze del Califfato notevoli quantità di documenti da cui emerge l'invio di «decine se non centinaia» di militanti verso l'Europa, mimetizzati a bordo dei gommoni della speranza. E nelle stesse carte si troverebbero i nomi di militanti jihadisti di provenienze disparate (si parla di libici, tunisini e sudanesi) attivi nel milanese. Le fonti dell'intelligence libica citate dal quotidiano sostengono di essere pronte a condividere con i servizi segreti e le forze di polizia italiana il materiale sequestrato.

Va detto che ieri in Italia sia 007 che investigatori antiterrorismo cadono letteralmente dalle nuvole, nel senso che dell'esistenza di questa documentazione nessuno pare essere a conoscenza, e c'è chi mette persino in dubbio la verosimiglianza della notizia. Oltretutto in Libia è operativa da mesi una nutrita unità dei servizi italiani, e sarebbe singolare che un simile ritrovamento non le fosse stato comunicato. Ma c'è un passaggio ulteriore che rafforza la attendibilità di quanto sta emergendo in queste ore a Sirte. Ed è l'invito dei servizi segreti locali a riaccendere i riflettori sulla figura e sul ruolo di Moez Fezzani, noto anche come Abu Nasim, l'estremista che venne assolto nel 2012 dalla Corte d'assise di Milano. Fezzani, che a Milano aveva vissuto a lungo, era tornato in Italia direttamente dal carcere americano di Guantanamo. Venne assolto, scarcerato, espulso.

Intanto ieri espulso un altro imam, quello di Andria: «Si tratta di un tunisino di 49 anni arrestato dal Ros dei Carabinieri perché sospettato del reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale», ha detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Secondo la Dda di Bari, Hosni Hachemi Ben Hassen, tra il 2008 e il 2010, avrebbe guidato un gruppo che progettava attacchi in Italia.

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