In un Paese dove prevalesse la logica e non il paradosso, un tizio che ha sequestrato decine di scolari minacciando di dar loro fuoco, deve stare in galera. Cosa che è accaduta: Ousseynou Sy, il dirottatore senegalese di San Donato milanese, si trova infatti a San Vittore. Peccato che la «logica» si esaurisca tutta qui, perché all'autista senegalese - cui con troppa rapidità è stata concessa la cittadinanza italiana - lo status di «italiano» potrà essere revocato solo dopo che la sua (per ora solo ipotetica) condanna passerà in giudicato: cioè quando la Cassazione (e nel frattempo trascorreranno svariati anni) metterà la parola fine a un processo in cui non è escluso che Sy possa perfino cavarsela a buonissimo mercato grazie al riconoscimento della seminfermità mentale (ieri Ousseynou si è già portato avanti, dichiarando di «sentire le voci dei bambini morti nel Mediterraneo» ndr), attenuante che nei nostri tribunali non si nega quasi mai. È quanto prevede la legge; per l'esultanza dell'esercito dei buonisti che esulta confondendo, strumentalmente, garantismo e stato di diritto con le follie legislative. Ricapitolando: nel «pieno rispetto delle norme vigenti» il nostro è un Paese che si precipita a dare la cittadinanza a un senegalese con precedenti penali, lo assume come autista, ma ora deve aspettare la fine di un processo infinito per revocargli (ma solo in caso di condanna) la cittadinanza, nonostante questo signore abbia provato, lucidamente, a compiere una strage di bambini: circostanza sotto gli occhi di tutti, senza bisogno del verdetto di un giudice. Come sia stato possibile che a un criminale che in passato aveva molestato una bambina e con la patente sospesa per uso di alcol e stupefacenti sia stato consentito di guidare uno scuolabus zeppo di bambini, resta uno degli aspetti più sconcertanti di una vicenda che solo la bravura dei carabinieri e la prontezza dei ragazzi non ha trasformato in una sciagura terrificante.
Intanto il «dibattito politico» va avanti, con Di Maio giustamente d'accordo sul dare la cittadinanza italiana a Rami, il ragazzo egiziano nato a Milano che ha salvato i compagni del bus dirottato. Ma il vicepremier tiene a precisare come lo ius soli (la legge sulla cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia) «non è nel contratto né nell'agenda di governo, perché questi temi vanno affrontati a livello di cittadinanza europea». E visto che in Italia le cose serie finiscono puntualmente a braccetto con quelle ridicole, ecco spuntare anche il parroco di Di Maio che raccomanda a «Luigi» di non allinearsi alla «linea Salvini» e di riconsiderare l'opportunità di «aprire» allo ius soli, «estendendolo ulteriormente». Amen. Peccato sia una bestemmia.
La procedura per la cittadinanza italiana a Rami è stata avviata ieri dalla prefettura di Cremona, che ha chiesto al Comune di Crema il certificato di nascita del ragazzo, come spiegato dal sindaco di Crema, Stefania Bonaldi, che ha però posto l'accento su come sia stato «corale» il comportamento degli alunni: «C'era chi distraeva l'attentatore, chi contribuiva a nasconde i telefoni».
Non a caso anche la mamma straniero dell'altro «bambino eroe» presente sul pullman ora reclama per il figlio Adam lo stesso «trattamento premiale» concesso a Rami.Va bene tutto, ma la guerra delle baby-cittadinanze potremmo anche risparmiarcela.
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