Partiamo dal dato di cronaca: in Italia oltre un terzo degli adulti è in una condizione di analfabetismo funzionale e quasi la metà ha grosse difficoltà nel problem solving. Dalla seconda valutazione in materia realizzata dall'Ocse risulta che le competenze alfabetiche o matematiche sono globalmente diminuite o stagnanti in gran parte dei Paesi membri. E l'Italia non brilla in positivo. Questo calo, precisa l'organizzazione con sede a Parigi, risulta più pronunciato tra gli adulti poco qualificati. Lo studio ha misurato le competenze di circa 160mila persone di età compresa tra 16 e 65 anni in 31 Paesi, 27 dei quali parteciparono alla prima edizione nel 2013. In linea generale, l'indagine sulle competenze degli adulti vede la nostra penisola agli ultimi posti tra i Paesi industrializzati, con un aumento delle persone in difficoltà con la lettura di testi e l'utilizzo dei numeri. Come sottolinea il Programme for the International Assessment of Adult Competencies - giunto al secondo ciclo, svolto nel 2023, dopo il primo round del 2012 - le competenze sono «fondamentali per partecipare con successo all'economia e alla società odierna e tanto più necessarie di fronte alla rapida evoluzione tecnologica, alle sfide della transizione energetica e dell'invecchiamento demografico». Stilando una classifica in breve, basata su tutti i parametri analizzati, le nazioni con i migliori risultati sono Finlandia, Giappone, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia. Undici Paesi (Cile, Croazia, Corea, Francia, Ungheria, Israele, Italia, Lituania, Polonia e Portogallo) ottengono risultati inferiori alla media Ocse in tutte le aree di competenza considerate.
Nello specifico del punteggio italiano. I nostri concittadini hanno ottenuto in media 245 punti nei test di literacy (comprensione testuale), ovvero 9 punti sotto la media Ocse, 244 punti in matematica (11 meno della media) e 231 punti nell'adaptive problem solving (sotto di 15 punti rispetto alla media). Nello specifico della literacy, il 35% degli adulti italiani (media Ocse 26%) ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al «Livello 1» e rientra quindi nella categoria degli analfabeti funzionali. Semplificando sanno leggere e scrivere, ma hanno difficoltà molto consistenti nel comprendere, assimilare o utilizzare le informazioni che leggono.
Stiamo dicendo in un certo senso che il 35% degli adulti che eventualmente incappasse in questo articolo potrebbe non capire davvero cosa sta leggendo. Inutile infierire poi sul fatto che molti dei sottoposti al test non sono risultati capaci di impostare una semplice proporzione. Se si associa il dato ad alcuni studi che segnalano con preoccupazione la discesa del quoziente intellettivo all'interno dei Paesi sviluppati, per una sorta di discesa della pressione evolutiva, c'è poco da stare allegri. Ovviamente questo al netto del fatto che ogni test ha i suoi limiti conoscitivi e potrebbe bastare una piccola variazione nell'impianto per avere dati diversi...
Ma questo è già un ragionamento sottile, fuori dall'orizzonte dell'analfabetismo funzionale.
Allora, per restare nel molto semplice non c'è altro che quel verso del rapper Willie Peyote: «L'analfabetismo è funzionale, / nel senso che serve a chi comanda, / qua hanno tutti una risposta / però qual è la domanda?». Non è solo una questione di produttività, come rivela l'Ocse. L'analfabetismo funzionale che la scuola può curare solo per il futuro è anche un bel rischio politico, soprattutto in un mondo pieno di fake news.
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