Più di undici milioni di euro sono stati pagati per il rilascio Greta Marzullo e Vanessa Ramelli, le due ragazze italiane rapite in Siria lo scorso anno. A sbugiardare ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che in Aula aveva smentito qualsiasi ipotesi di pagamento, è stato uno dei leader dei gruppi armati coinvolti nel sequestro avvenuto in un’area non controllata né dallo Stato islamico né dal governo siriano ma da una galassia di milizie che combattono contro Bashar al Assad. Sebbene la Farnesina neghi tutto, l'indiscrezione proveniente da Aleppo conferma un andazzo dell'intelligence italiana che non stupisce. Secondo il Tempo, infatti, dal 2003 ad oggi lo Stato italiano ha speso 75 milioni di euro per liberare 19 ostaggi. Soldi che sarebbero finiti nei forzieri di pericolosi gruppi terroristici che tramano per annientare anche l'Italia.
Quando le due italiane erano state liberate nel gennaio scorso, Gentiloni era intervenuto in aula, smentendo ogni ipotesi legata a un presunto pagamento di un riscatto da parte del nostro Paese. Una versione opposta è emersa dal tribunale di Abizmu, la località a sud-ovest di Aleppo dove Greta e Vanessa erano scomparse il primo agosto 2014. Uno dei capi-milizia locali coinvolti nel sequestro e nei negoziati con le autorità italiane è stato condannato dalla corte perché reo confesso di essersi intascato cinque dei 12 milioni di dollari e mezzo (poco più di 11 milioni di euro) pagati per la liberazione delle due italiane. Abizmu è controllata dalla milizia islamista Nuruddin Zenki, che combatte sia lo Stato islamico che le forze governative di Damasco. Già all’epoca della scomparsa delle ragazze, il movimento Zenki era stato chiamato in causa da diverse fonti siriane e internazionali. Fonti di Abizmu, interpellate telefonicamente, affermano che i restanti sette milioni e mezzo del riscatto sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali.
Negli ultimi anni, stando a quanto riporta il Tempo, l'intellingence italiani avrebbe "distribuito" soldi a sequestratori in Iraq, Libia, Siria, Afghanistan, Algeria e Mauritania. Poco è importato alla Farnesina se i soldi sono finiti in mano a jihadisti vicini ad al Qaeda o allo Stato islamico. Denaro che i gruppi islamisti hanno poi usato per acquistare armi per combattere il jihad. Per Marco Vallisa, il tecnico piacentino rapito il Libia il 5 luglio 2014, e Gianluca Salviato, il tecnico scomparso nell'est della Libia il 22 marzo 2014, è stato pagato un milione di euro a testa. La stessa cifra è stata sborsata anche per Simona Torretta e Simona Pari, le cooperanti sequestrate il 7 settembre 2004 in Iraq e liberate il 29 dello stesso mese. Altri quattro milioni di euro sarebbero, invece, stati spesi per il giornalista della Stampa, Domenico Quirico, rapito in Siria il 9 aprile del 2013 e rilasciato dopo 150 giorni di prigionia. E ancora: la giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, ci è costata 4,6 milioni di euro. La Farnesina ha sempre negato tutto. Anche con Greta Ramelli e Vanessa Marzullo ha fatto lo stesso.
"Non riteniamo di dover commentare supposte fonti giudiziarie di Aleppo o del sedicente tribunale islamico del movimento Nureddin Zenki - ha spiegato il ministero degli Esteri per bocca dell'Unità di Crisi - in ogni caso non risulta nulla di quanto asserito".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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