Quando si legge il segno «meno» davanti ad ogni dato Covid diffuso dall'Istituto superiore di sanità, c'è da tirare un respiro di sollievo. Significa che le cose stanno andando bene, nonostante le mascherine non siano più obbligatorie (ospedali esclusi) e la nostra vita sociale si svolga soprattutto al chiuso. E questa settimana il segno meno riguarda tutti i dati sentinella segnalati dal bollettino settimanale. Si parte da -26.5% dei nuovi casi di Covid (38 mila casi in tutta Italia), -30% di decessi (345) -9,7% terapie intensive (126 persone attualmente in Ti) -18,4% dei ricoveri, -15% dell'isolamento domiciliare. In calo l'incidenza settimanale a livello nazionale: 65 ogni 100.000 abitanti rispetto a 88 ogni 100mila abitanti della settimana scorsa. Un quadro che strappa un sorriso anche al il direttore Prevenzione del ministero della Salute. «Tutti gli indicatori mostrano un'evoluzione positiva e, al momento precisa Gianni Rezza - la situazione pare essere del tutto sotto controllo».
Ma l'isola felice italiana (primo paese colpito dal virus in Europa) non ha avuto ancora la forza di spingere l'Oms a chiudere il capito pandemia e a dichiarare terminato il periodo di emergenza globale sanitaria. Anzi, i suoi esperti invitano alla cautela per il numero ancora troppo alto dei morti per Covid, 40 mila la settimana scorsa più della metà in Cina. «Siamo senz'altro in una situazione migliore» rispetto a un anno fa ma il fenomeno Cina non va sottovalutato. E c'è anche la preoccupazione sui vaccini visto che «non sono diffusi tra le fasce della popolazione che ne hanno più bisogno». Una disaffezione che colpisce anche l'Italia. Solo il 30,7% della platea a cui si raccomanda si è deciso a fare la quarta dose. E se parliamo di decessi, pochi ricordano che il virus nel nostro paese ha provocato il triste primato di 186.833 mila vittime.
Ma nel quarto anno di pandemia lo scenario è cambiato. E i numeri italiani mettono tutti d'accordo: lo statistico, il medico ospedaliero, il microbiologo. Secondo Antonello Maruotti, ordinario di Statistica dell'Università Lumsa «siamo ormai vicini ad una fase di convivenza con il Covid ampiamente gestibile. L'incidenza dell'influenza è maggiore di quella del Covid in questa settimana. Ci stiamo avvicinando alla fine anche se c'è sempre un però legato alle varianti». Per questo motivo, l'esperto prevede che «non ci sarà la fase zero-Covid, la riduzione dei contagi e dell'occupazione dei posti letto non sarà infinita - conclude -. Ci sarà un certo numero di casi ma molto basso». Anche Matteo Bassetti, direttore di Malattie Infettive dell'ospedale San Martino di Genova ritiene che «l'emergenza iniziata il 31 gennaio 2020 sia ampiamente finita grazie ai vaccini che hanno portato a una infezione che viene sconfitta dal nostro sistema immunitario». I contagi e le nuove varianti non preoccupano l'esperto. «Ora è in corso una grande endemia neanche così malvagia perché un virus così contagioso in una Paese come il nostro dove c'è una elevata copertura vaccinale permette di continuare a stimolare i sistemi immunitari, produrre anticorpi e difenderci da varianti».
In pratica il Covid «sta diventando stagionale» aggiunge Mauro Pistello, direttore dell'Unità di virologia dell'azienda ospedaliera universitaria di Pisa, vicepresidente della Società italiana di microbiologia. Ma non possiamo accantonarlo come una cosa del passato. «L'evoluzione delle varianti attuali ricorda Pistello - che si stanno espandendo nel Centro-Italia, va monitorata ancora a lungo».
Parla però di
«andamento endemico» anche il virologo Fabrizio Pregliasco mentre persino Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene all'Università Cattolica di Roma, ipotizza per il Covid una vaccinazione annuale come l'influenza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.