«Yes she can», la speranza sta tornando. Barack Obama aggiusta per Kamala Harris il suo slogan più famoso, quello della cavalcata travolgente che nel 2008 lo ha portato alla Casa Bianca, per suggellare una serata che ha infiammato la platea della Convention democratica. L'ex presidente e la moglie Michelle sono state le star indiscusse della seconda giornata della kermesse di Chicago. Giocavano in casa e non hanno deluso il pubblico, letteralmente impazzito per l'ex first couple che ha contrapposto l'America di Harris - ottimista, diversificata, aperta, compassionevole - a quella oscura, divisa e intrisa d'odio di Donald Trump. La più carismatica delle first lady, ancora oggi fonte d'ispirazione per milioni di persone, ha fatto un discorso molto forte, all'attacco, ma anche personale ed emozionante. «Qualcosa di magico è nell'aria, il potere contagioso della speranza», sottolinea Michelle Obama per lanciare Kamala, con cui ha tracciato un parallelo attraverso l'esempio delle donne che le hanno cresciute, dei loro sacrifici e lezioni di vita. Da sua madre, Marian Robinson, a quella della candidata dem, Shyamala Gopalan, arrivata negli Usa dall'India a 19 anni. Donne diversissime, che a prescindere da origini e colore della pelle, hanno in comune gli stessi valori. «Quelle come noi non hanno una seconda, terza, quarta possibilità - aggiunge - Lavorano duro tutta la vita per vincere al primo colpo». Kamala, continua, «è più che pronta a diventare presidente. È una delle persone più qualificate ed esperte che hanno corso per la presidenza ed è quella che ha più dignità».
Un discorso, quello dell'ex first lady, acclamato ancora di più di quello del marito (che infatti ammette «sono l'unica persona al mondo abbastanza stupida da parlare dopo Michelle Obama»), in cui non risparmia attacchi al candidato repubblicano. «Per anni Trump ha fatto tutto ciò che era in suo potere per spingere la gente a temere Barack e me, la sua visione limitata e miope del mondo si sentiva minacciata da due grandi lavoratori, persone altamente istruite e di successo che erano nere. Ora mi chiedo: chi glielo dice che fare il presidente potrebbe essere un altro di quei lavori da neri?», scherza Michelle. «Non abbiamo bisogno di altri quattro anni di caos», sottolinea il 44esimo comandante in capo: «Abbiamo visto quel film e sappiamo tutti che il sequel solitamente è peggiore». «L'America è pronta per un nuovo capitolo», dice Barack, assicurando che «un'amministrazione Harris-Walz può aiutarci ad andare oltre alcuni dei vecchi e stanchi dibattiti che continuano a soffocare il progresso, perché in fondo, Kamala e Tim capiscono che quando tutti abbiamo una possibilità equa, tutti stiamo meglio». Obama tributa anche un lungo, sentito e dovuto omaggio a Joe Biden: «La storia lo ricorderà come un presidente che ha difeso la democrazia in un momento di grande pericolo». L'ex presidente, sempre più padre nobile del partito, ha contribuito a forgiare la campagna di Harris, che sta integrando lo staff con un team sempre più obamiano e che nell'ultimo mese ha già raccolto quasi mezzo miliardo di dollari, che secondo la Nbc saliranno a 600 entro fine agosto. L'ultimo arrivo è stato David Plouffe, ex alto consigliere di Obama (manager della campagna nel 2008 e senior adviser alla Casa Bianca nel 2012).
Ieri, intanto, a Chicago è stato il giorno di Tim Walz: il governatore del Minnesota ha accettato formalmente la nomination a vicepresidente con il discorso più importante della sua carriera politica, preceduto da quello dell'ultimo big dell'Asinello, l'ex presidente Bill Clinton.
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