Nella maggioranza le tensioni covano anche sotto la cenere agostana, e a Palazzo Chigi ne hanno avuto un nuovo segnale ieri.
Il caso dei verbali desecretati sulla chiusura dei focolai bergamaschi è tutt'altro che chiuso, e il premier è ancora sottoposto agli attacchi delle opposizioni, che insistono perché venga a spiegare in Parlamento le sue scelte di quei giorni cruciali che portarono al lockdown. Conte - parlando all'evento organizzato da affaritaliani.it in Puglia - si dice «orgoglioso di aver messo in sicurezza il Paese con il lockdown da Nord a Sud» e ricorda come «nella notte tra il 7 e l'8 marzo avevamo deciso la zona rossa per tutta la Lombardia. Poi è successa una cosa nuova, nella notte molti sono fuggiti per paura del lockdown e abbiamo pensato di mettere in sicurezza il sud, quindi il Paese. Col senno di poi non abbiamo nulla da rimproverarci. Tutti i verbali del Cts saranno resi pubblici». E sulle mancate zone rosse a Nembro e Alzano è categorico: «Mai mentito ai pm». Ma dalla coalizione giallorossa non arrivano grandi atti di solidarietà, anzi: Ettore Rosato, presidente del partito renziano Italia viva, ieri è tornato a chiedere una commissione di inchiesta: «Niente processi sommari», premette, ma occorre «dare una giusta risposta ai parenti delle vittime, e al paese che ha subito un pesante lockdown, su quanto è accaduto sia nell'acquisto dei dispositivi che su alcune scelte che hanno resto il nostro sistema più fragile». Rosato chiede che «tutti i verbali» siano pubblicati, visto che «non c'è motivo di secretare alcun atto», e che la stagione dei «pieni poteri» si chiuda. Il premier, insomma, resta nel mirino.
Ma anche la svolta meridionalista che si è realizzata con gli ultimi provvedimenti del governo sta creando molti malumori soprattutto tra parlamentari e amministratori delle regioni settentrionali. A dargli voce è stato l'ex segretario dem, il lombardo Maurizio Martina: «Senza la forza del Nord non può esserci alcuna ripresa forte e duratura. Vorrei che si avvertisse con forza anche nel Pd e in tutta la maggioranza questo punto cruciale», ha avvertito. Ma raccontano che sulla stessa linea sia anche il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che presidia l'unica regione sopra il Po ancora in mano al centrosinistra, e molti sindaci e parlamentari eletti nel settentrione. Che per ora tacciono, per non turbare la campagna elettorale in due regioni dove il centrosinistra cerca la riconferma, come Campania e Puglia, e dove si spera che i provvedimenti governativi funzionino da volano. Ma che sono intenzionati a tornare presto alla carica. Conte però continua a guardare al Sud, promette nuove infrastrutture e - a tempo debito - la realizzazione del ponte sullo Stretto, «che potrebbe essere un'opera sottomarina».
Intanto nel partito dei Cinque Stelle si registrano crescenti mal di pancia per la decisione del governo di attivare il Sure, il fondo europeo per il sostegno al lavoro e all'occupazione.
Si tratta di un prestito a condizioni di favore, esattamente come il Mes, e il governo non ha dovuto chiedere autorizzazioni al Parlamento per iniziare la procedura. E anche se il ministro Gualtieri assicura che sul Mes «valuteremo più avanti», in casa grillina c'è il timore che a settembre il copione si ripeta.
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