Lo scorso inverno confondevamo i sintomi del Covid con influenza e raffreddore, oggi li scambiamo per colpi d'aria causati da sudate e condizionatori o per debolezza dovuta al caldo torrido.
E questa è solo una delle anomalie della nuova ondata di Covid, che si impone nel cuore dell'estate e che, a detta degli immunologi, ci accompagnerà almeno fino ad agosto. Ci coglie quando meno ce lo aspettavamo, quando abbiamo (quasi del tutto) abbassato le difese: niente mascherine, niente distanziamenti, gel disinfettanti usati solo una volta ogni tanto, abbracci, concerti, piazze piene. Zac, beccati in pieno, nuovamente, durante quella che - nel sentire comune - consideravamo una sorta di tregua prima della ripresa autunnale dei contagi.
I contagi di ieri sono stati 86.334, per lo più non gravi, 238 ricoveri (solo 3 in terapia intensiva). Oggi il numero dei positivi dovrebbe superare la soglia del milione di casi. In Calabria, Sicilia, Umbria e Val d'Aosta l'occupazione dei reparti è sopra la media nazionale del 10% e le regioni a rischio sono otto. Gli ospedali stanno valutando la riapertura dei reparti Covid: decideranno in base all'andamento dei contagi delle prossime due settimane, spiega Giovanni Migliore, presidente della Fiaso. Cosa che mai ci saremmo aspettati a metà luglio. Eppure l'aumento dei ricoveri per Covid con sindromi respiratorie e polmonari è salito del 34,5% e i ricoverati con Covid, (che arrivano in ospedale per altri motivi e vengono trovati positivi) salgono del 10%.
Il problema è che, oltre ai divieti e alle misure di contenimento, nelle scorse settimane è stato smantellato anche l'apparato di gestione dei contagi: gli hub vaccinali sono stati ridimensionati o hanno dirottato le iniezioni nelle farmacie e le unità Usca, quelle che intervengono sul territorio per evitare che i pazienti si aggravino e necessitino di un ricovero, non ci sono più.
«È terribile la chiusura delle Usca in questa fase, perché senza il contributo delle Unità speciali di continuità assistenziale nella gestione del territorio, c'è un rischio di affollamento ospedali» denuncia il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi di Milano e docente UniMi. O meglio: gli ospedali non sono in stato di pre allerta, ma a suon di ricoveri che crescono del 10% in 24 ore, è più facile che si affollino se a monte, sul territorio, non operano più i sanitari delle unità Usca. «È necessario fortificare la 'trincea' del territorio». Se non altro, per ora non preoccupa la situazione delle terapie intensive, i posti letto non mancano.
«Le ultime varianti di Covid - spiega il Virologo Carlo Federico Perno, Bambin Gesù - sono riuscite ad affrontare l'estate ma questa ondata è anomala per tutti fuorchè per noi dei settore, che ce la aspettavamo. Omicron 4 e 5 sono veloci ma generalmente non provocano sindromi gravi. E quindi anche il numero dei decessi per ora non è diverso da quello dell'influenza, a cui il virus sta assomigliando sempre di più. Ci sono tanti contagi lievi ma questo vuol dire anche che sta crescendo l'immunità». Gli anestesisti però mettono le mani avanti: «Se dovesse arrivare una variante più forte, potremmo essere nuovamente in difficoltà» spiega Alessandro Vergallo, presidente Aaroi.
Il
ministro alla Salute Roberto Speranza non parla di nuovi obblighi sulle mascherine ma le raccomanda. Così come intima alle persone più fragili e agli over 80 di «fare subito la seconda dose di booster e non aspettare l'autunno».
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