Sarà un regno relativamente breve, per fare i conti sulla pelle di Carlo III, che fra 30 anni, a voler essere ottimisti, di anni ne avrebbe 104. Sarà un regno di transizione, prima dell'era di William e Kate, che si prospetta gloriosa, economia permettendo. Sarà un regno che dovrà traghettare la Gran Bretagna nell'era dell'intelligenza artificiale e del riposizionamento globale, con potenziali guerre in vista, oltre a quella in corso. Un Regno che dovrà difendere il buon nome della sesta economia del mondo, una delle maggiori potenze commerciali e finanziarie del pianeta, dotata di uno degli eserciti più forti e tecnologicamente avanzati. Un Regno multietnico e insieme nazionalista, che sta vivendo sulla sua pelle il caro-vita, gli scioperi, il post-Brexit, lo spettacolo di una politica che dopo il referendum del 2016 si è avviluppata, ha inciampato, ha macinato 3 primi ministri in tre mesi, 4 capi di governo in tre anni, ma non ha smesso di dare prova di solide basi democratiche, quelle fondamenta garantite fin qui da Elisabetta II, dalla sua monarchia rigorosa ed empatica, dal suo soft power.
Eccola la nuova era dell'anziano Carlo III. Re nel solco della madre, per quel che riguarda l'ancoraggio alle tradizioni più profonde, il senso del dovere, il fine ultimo del mandato monarchico, condensato nella significativa formula di rito: «Sono qui per servire, non per essere servito». Eppure sovrano, Carlo, che apre una nuova epoca densa di sfide. Dall'Abbazia di Westminster lancia il suo messaggio: raccoglie l'eredità della madre, ma aggiunge attenzione alla diversità e alla tolleranza religiosa, da tempo parte di un Paese multietnico. Rimarca i principi della solidarietà e il senso di comunità invitando 850 cittadini che si sono spesi per il bene comune. E infine cerca di stare attento ai tempi, i tempi storici, con la sua nota spinta all'ambientalismo, e i tempi delle cerimonie, che vuole più corti, attento anche ai risparmi, cruciali per rendere sopportabile agli inglesi il costo della monarchia, pagata con le tasse dei contribuenti.
Eppure rischia Re Carlo. Nonostante l'imponente manifestazione di rispetto per l'istituzione e l'euforia per l'apertura di una nuova era, il sovrano solitario e introverso dovrà guadagnarsi sul campo la simpatia e la stima dei sudditi, specie dei più giovani. Solo il 12% ritiene «significativa» la monarchia. Carlo ha rodato a lungo come principe di Galles e della corona conosce i luccichii e le spine. Sa che, rispetto a un anno fa, gli inglesi favorevoli all'abolizione della monarchia, che la ritengono «per nulla» o «non molto importante», sono saliti dal 35% del 2022 al 45% di oggi. Nonostante la maggioranza resti pro-corona, il sostegno a Buckingham Palace segna un record negativo. Anche per questo Carlo ha già messo all'opera la monarchia snella, composta solamente di membri attivi impegnati nel sociale oltre che nelle parate, per evitare i mugugni di un Paese che stringe la cinghia per l'inflazione. Eppure, anche per questo, Carlo rischia di scivolare dal trono, come il Re della fiaba per bambini che scrisse nel 2004. Meno reali attivi significa minor visibilità, più eventi e stress per chi lavora per la corona. E a questo si aggiunge il rischio di una perdita di appeal di Carlo e Camilla, i sovrani «anziani», che dovranno impegnarsi a recuperare consensi nel Commonwealth. Tra i 14 Paesi stranieri su cui Carlo regna, 6 dicono che voterebbero per rimuoverlo come capo di Stato. Pesa il retaggio imperiale, il buco nero della schiavitù, tanto che il re, per offrire un segnale, e dopo le accuse di pregiudizi razziali a Corte, lanciate da Harry e Meghan, ha dato il suo sostegno alla ricerca sui legami tra monarchia e tratta degli schiavi.
Carlo dovrà fare da ponte con l'Europa, dopo il gelo dell'addio alla Ue. Come sua madre fece da garante istituzionale nel passaggio del Regno Unito da impero a potenza mondiale, come Elisabetta II supervisionò il passaggio dalla de-industrializzazione alla terziarizzazione, così Carlo regnerà nella transizione dall'epoca digitale all'intelligenza artificiale e all'economia sostenibile.
Non è detto che la sua sensibilità ecologista, l'indicazione agli invitati di arrivare a Londra con aerei di linea, basterà a placare le «vittime» di una rivoluzione che, come le precedenti, prefigura alti costi sociali, con un'imponente riallocazione della forza lavoro. Ci vorranno tempra e sensibilità istituzionale. Ai sudditi l'ardua sentenza.
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