Londra. «Mi scusi Primo Ministro, visto quello che sta accadendo, come può pensare di rimanere al governo?». I giornalisti Inglesi non hanno pietà. Ieri, di fronte al licenziamento del Cancelliere dello Scacchiere che si era scelta cucito su misura sulla sua visione economica e all'umiliante retromarcia sul taglio delle tasse, i cronisti politici non sono andati per il sottile. Nella conferenza stampa più breve della storia Liz Truss ha continuato a rispondere come un disco rotto: «La nostra strategia non cambia, sono determinata a fare quello che avevo promesso». Peccato per lei che le cose siano cambiate eccome.
Di nero vestita ha annunciato che l'aumento dal 19% al 25% delle tassa sul reddito societario, pianificata per l'anno a venire da Rishi Sunak nel precedente governo - e da lei fortemente osteggiata durante tutta la campagna per la leadership - sarà confermato, e questo in risposta alle turbolenze che stanno attraversando i mercati dall'annuncio del mini budget fatto la settimana scorsa dall'ex ministro delle Finanze Kwasi Kwarteng. «La manovra si è spinta troppo avanti e troppo rapidamente rispetto a quello che i mercati si aspettavano - ha ammesso, ben consapevole che fino ad un paio di ore prima aveva addossato a molteplici fattori globali la causa dell'instabilità - quindi il modo in cui vogliamo portare a termine la nostra missione dev'essere cambiato. Dobbiamo agire ora per rassicurare i mercati sulla nostra disciplina fiscale». Senza spendere una virgola di spiegazione sul perché il suo più stretto alleato nell'esecutivo è stato allontanato in fretta e furia e, soprattutto, senza riuscire a spiegare perché lei invece dovrebbe rimanere. La Premier ha annunciato il nome del successore, politico di lungo corso e suo ex avversario nella corsa alla leadership: si tratta di Jeremy Hunt, ex ministro alla Sanità e agli Esteri nei governi precedenti che tutti, a partire dagli stessi Conservatori, si augurano più cauto. «Lui condivide il mio desiderio di una crescita maggiore e di un'economia con una minore tassazione» ha commentato brevemente Truss prima di glissare su tutte le domande poste dai giornalisti e rientrare mestamente a Downing Street. Intanto però, si fa come diceva Sunak.
Ancor più mesto di lei dev'essere però stato l'ormai ex ministro delle Finanze Kwasi Kwarteng, rimasto al suo posto soltanto 38 giorni. L'ultima notizia battuta dalle agenzie giovedì sera riportava una sua dichiarazione da Washington in cui affermava: «Non vado da nessuna parte». Il mattino di ieri tutto era già cambiato, Kwarteng aveva accorciato di un giorno la sua permanenza a Washington ed era tornato in tutta fretta a Londra per un incontro d'emergenza con la Truss. Nel frattempo, i media già vociferavano di un suo possibile licenziamento, evento puntualmente verificatosi. Sul fatto di essere stato messo brutalmente alla porta, Kwarteng ha voluto essere chiaro nella nota diffusa alla stampa e questo la dice lunga sul momento difficile che l'intero governo conservatore sta attraversando. «Mi ha chiesto di farmi da parte ed ho accettato» è la frase che apre la lettera di Kwarteng che poi conferma la sua amicizia verso Truss e la piena disponibilità a collaborare con chi lo sostituirà.
La carta però si lascia scrivere e la frattura ormai è evidente, ancor più ai membri del partito a cui entrambi appartengono. Molti di loro ieri hanno scritto all'editorialista del Guardian sottolineando il loro sconcerto e dicendosi convinti che la conferenza stampa del Primo Ministro abbia peggiorato la situazione.
«Spingere sotto al bus un suo collega le era sembrata una buona idea?», «Persino noi ne abbiamo abbastanza di noi», «Completamente fuori controllo» sono alcuni dei commenti meno velenosi apparsi sui social. Si aspetta ora con ansia la reazione dei mercati.
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