"L'ora di un centro visibile e riformista. Al Paese non serve una sinistra-sinistra"

La coordinatrice, Raffaella Paita: "Giusto separare le carriere delle toghe"

"L'ora di un centro visibile e riformista. Al Paese non serve una sinistra-sinistra"
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La sconfitta del centrosinistra in Liguria mette al centro del dibattito il ruolo dei centristi. La senatrice e coordinatrice nazionale di Italia viva, Raffaella Paita, non ha dubbi: «Senza il centro non si vince».

Facile dirlo col senno di poi.

«Per costruire un'alternativa vera al governo del Paese è necessario avere un centro visibile forte e riformista ed è quello che è emerso in Liguria».

«Riformista» quindi un centro che guarda a sinistra.

«Quando Elly Schlein ha lanciato l'idea di costruire un progetto alternativo al centrodestra con la regola di non mettere veti, noi abbiamo risposto positivamente. Da questo punto di vista la Liguria poteva essere un facile banco di prova, visto ciò che era accaduto».

E invece...

«Hanno vinto i veti di Conte e l'elettorato moderato ha scelto Bucci: un galantuomo e un ottimo amministratore. In Liguria come in Italia uno schieramento troppo spostato a sinistra fa fuggire gli elettori».

La somma matematica delle percentuali non basta però a creare una coalizione con un progetto politico coerente.

«Sono perfettamente d'accordo con lei. Infatti quando parlo di ruolo e di coinvolgimento pieno del centro riformatore lo intendo innanzitutto sotto il profilo programmatico. Non basta essere contro qualcuno. Bisogna esser a favore di un progetto serio e credibile».

Perché il campo largo non è stato possibile in Liguria mentre in Emilia Romagna e in Umbria ci sarà?

«Il Pd ha preferito cedere ai veti grillini. In Emilia Romagna e in Umbria ci saremo ma senza il simbolo. Con De Pascale in particolare abbiamo condiviso il progetto della sua civica. Berlusconi ha dato una lezione importante: ha capito che per vincere bisogna tenere insieme tutto. Giorgia Meloni ha capito la lezione e infatti nonostante le divisioni, la destra al momento del voto si unisce».

Un'analisi della sconfitta di Orlando?

«In un territorio che ha bisogno di messaggi chiari su crescita e infrastrutture, averci escluso ha non soltanto sottratto voti (con Renzi abbiamo preso più di diecimila preferenze personali alle ultime europee e il 4% come lista) ma anche tolto al mondo dei moderati e riformisti la possibilità di scegliere il centrosinistra».

Avete riserve su qualche potenziale alleato di centrosinistra?

«Noi non partiamo dai nomi e dalle sigle. Noi partiamo dai contenuti».

A proposito di contenuti, in cosa vi differenziate da Azione?

«Guardi che noi al Terzo polo ci abbiamo creduto fino in fondo. È stato Calenda a sfasciare il progetto. In Liguria, d'altronde, ha ottenuto soltanto l'1,6%».

Si fa l'ipotesi di un nuovo soggetto centrista da affiancare ai dem.

«A me fa sorridere che certi politici del Pd pretendano di dire agli altri partiti come si costruisce il centro: ognuno si preoccupi del proprio partito che al nostro ci pensiamo noi. Chi vuole dare una mano è il benvenuto ma ricordiamoci che centro vuol dire valori riformisti, liberali, cattolico- democratici».

Renzi parla di patto alla tedesca con un programma su quale basare la coalizione. Quali i punti irrinunciabili per voi?

«È irrinunciabile per noi una politica economica che punti sullo sviluppo delle infrastrutture e sulla semplificazione della burocrazia».

Sulla riforma della giustizia più volte vi siete schierati con la maggioranza.

Nel suo editoriale Sallusti conia l'espressione «riforma Falcone» per parlare della separazione delle carriere.

«Noi non rinnegheremo mai i nostri principi garantisti e l'esigenza di una riforma profonda della giustizia».

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