
Racconta il ministro degli Interni Matteo Piantedosi: «Chiaramente avevamo il fiato sospeso e alla fine c'è stato un applauso liberatorio». L'adrenalina e la tensione dentro la sala operativa interforze di Roma hanno iniziato a scendere già quando la Papamobile ha iniziato il suo viaggio verso Santa Maria Maggiore. Il lavoro straordinario per garantire la sicurezza della Capitale è andato avanti nelle ore successive, e proseguirà per tutti i giorni del Conclave. Ma dal momento in cui alle 12,32 il corteo di auto ha lasciato il Vaticano è stato chiaro che era conclusa la parte più difficile, quella legata all'afflusso in San Pietro di una massa inverosimile di persone e di una concentrazione altrettanto incredibile di potenti della Terra. E che la sfida era stata vinta.
Si parla di una città abituata ai grandi eventi, e di un apparato di forze di polizia da tempo rodato ed efficiente. Ma l'eccezionalità di una situazione che vedeva l'arrivo di 249 delegazioni era evidente. Come ha spiegato con chiarezza il ministro Piantedosi, «l'evento presentava due macro-aree di criticità: l'afflusso di grandi personalità - e quindi la necessaria cornice di protezione di personalità molto importanti - e l'afflusso straordinario di persone». È stato soprattutto il primo versante a richiedere attenzioni particolari, perché le misure a tutela dei vip provenienti da tutto il mondo hanno dovuto interfacciarsi con i responsabili delle loro scorte, in alcuni casi assai nutrite come quella fornita dal secret service al presidente americano Donald Trump. Ma a conti fatti proprio Trump è stato uno dei soggetti più facili da tutelare, vista la brevità del suo soggiorno e i pochi spostamenti.
Nella situation room collocata nella questura di Roma l'allerta era in realtà scattata già lunedì mattina, subito dopo la morte di Francesco, quando è stato chiaro che sulla città stava per abbattersi un flusso di visitatori con pochi precedenti. Da quel momento le forze dell'ordine e il prefetto Lamberto Giannini hanno iniziato a costruire un meccanismo d'emergenza in grado di fronteggiare entrambe le eventualità peggiori, cioè un attacco terroristico e episodi drammatici legati all'affollamento e alla calca, ma anche nei limiti del possibile incidenti e intoppi di minore portata, quasi inevitabili in una situazione di queste dimensioni. Da tutta Italia hanno iniziato ad affluire a Roma contingenti di uomini di tutte le forze dell'ordine destinati a integrare il dispositivo di ordine pubblico, per un totale di 4mila effettivi. Insieme a loro, specialisti destinati a fronteggiare le minacce più insidiose: tiratori scelti, artificieri, le unità Nbcr esperte contro le minacce nucleari, chimiche e batteriologiche. Nulla di tutto questo, fortunatamente, è stato necessario.
Sono rimasti disoccupati i due uomini armati di bazooka antidrone Rcd su ponte Vittorio ma anche gli specialisti del soccorso fluviale, pronti a recuperare pellegrini malauguratamente finiti nel Tevere. E un bilancio di otto ricoverati in ospedale su 400mila presenti è quasi miracoloso.«La prova è stata superata, ringrazio tutti», dice ieri sera il capo della Polizia Vittorio Pisani.
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