Ha giocato sotto traccia per mesi, ma ora a oltre due anni dalle elezioni del 2018 Claudio Lotito potrebbe davvero vincere la sua partita e approdare in Senato. Il suo tentativo di mettere in discussione la decisione della Corte d'appello è nato subito dopo il verdetto che portò all'elezione di Vincenzo Carbone, candidato anche lui con Fi in Campania e poi passato a Iv.
Fedele al suo carattere di combattente il presidente della Lazio denunciò una serie di difformità relative al calcolo dei resti e dei quozienti elettorali. Il suo ricorso è andato avanti e ora è arrivato alla stretta finale, o meglio alla «semifinale» perché manca ancora l'ultimo passaggio, quello dell'aula che dovrà votare tenendo conto delle indicazioni arrivate dall'organo preposto a esprimere il parere tecnico. Ma ieri nella cosiddetta «seduta pubblica» della giunta ha avuto la meglio. Assenti i senatori Crucioli (5S), Giarrusso e De Falco (Misto, ex 5S), hanno votato in favore di Lotito, accogliendo la proposta del senatore Adriano Paroli, i 6 senatori della Lega, i 4 di Fi e l'esponente di Fdi. Contro i 3 senatori M5s, i 3 Iv e l'esponente Pd. Si è astenuto Pietro Grasso di Leu. Il presidente della Lazio evita di esporsi: «No comment, sono valutazioni endoprocedimentali», dice fedele al suo linguaggio forbito e al suo eloquio vulcanico, costruito su solide reminiscenze del liceo classico. Ora lo scontro si sposta nell'aula dove bisognerà vedere quanto peseranno le considerazioni legate a una maggioranza che continua a restringersi. Lotito ha da sempre accarezzato il sogno della politica. «Sono a disposizione. Come cittadino e quindi espressione della polis. Gli onorevoli sono tali perché dovrebbero essere le persone più autorevoli al servizio della comunità», disse in una intervista. E pochi mesi fa il suo nome è tornato a circolare come possibile candidato sindaco di Roma.
All'indomani del voto Forza Italia, intanto, si interroga sulle prossime mosse. «Il risultato non ci soddisfa e ho già detto che dobbiamo aprire una riflessione - dice Mariastella Gelmini -. Forza Italia è diversa da Lega e Fratelli d'Italia e deve marciare per la sua strada, ma non credo si prendano i voti attaccando gli alleati». Marco Marin aggiunge: «La nostra appartenenza non è mai stata in discussione.
Dobbiamo, però, declinare i nostri valori moderati, cattolici, liberali e riformatori in modo che tornino a essere i più rappresentativi della coalizione». Mara Carfagna, invece, ribadisce che «il sovranismo non è l'unica alternativa alla sinistra». E in Emilia-Romagna la deputata Simona Vietina chiede «una rivoluzione».
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