"Lottò sempre per mantenere via Solferino più fedele alla sua storia"

Il ricordo di Michele Brambilla, direttore della Gazzetta di Parma, cresciuto alla scuola di Piero Ostellino

Michele Brambilla, Gazzetta di Parma.it
Michele Brambilla, Gazzetta di Parma.it

Michele Brambilla è il direttore della Gazzetta di Parma. La sua carriera nel mondo della carta stampata è iniziata al Corriere della Sera proprio sotto la direzione di Piero Ostellino. Gli abbiamo chiesto un ricordo di quegli anni in Via Solferino.

Com'era Piero Ostellino direttore?
«Arrivò alla direzione in un momento complicato, dopo che lo scandalo P2 aveva costretto alle dimissioni Franco Di Bella. Ne era seguita una direzione di transizione di Alberto Cavallari. Poi avrebbe dovuto subentrare, era il 1984, Gino Palumbo. Palumbo, però, rinunciò per motivi di salute. E così arrivò alla direzione, quasi per caso, Piero Ostellino. Era stato un grande corrispondente, era molto meno un uomo di macchina (nei giornali si definisce così chi è abile nel lavoro di desk, ndr) di quanto lo fosse Palumbo. Però aveva un'idea altissima della tradizione del Corriere e si impegnò subito per mantenerlo nell'alveo liberale che era quello del quotidiano».

Era un compito facile?
«Per niente, dopo le fortissime spinte verso sinistra che si erano verificate negli anni '70. Di Bella aveva iniziato a riportare il giornale verso il centro. Ma con lo scandalo P2 la componente del giornale legata alla sinistra pensò di avere nuovo margine di manovra. Ostellino si appoggiò invece a quella parte di redazione che era legata a Walter Tobagi. Dai malevoli è stato definito un uomo di Craxi, ma non lo era. Era un liberale vero e voleva un giornale filo-occidentale in un'epoca in cui la contrapposizione dei blocchi era ancora in corso».

La sua fu una direzione breve...
«Pagò il sorpasso di copie di Repubblica. Ma, bisogna essere sinceri, avvenne essenzialmente perché Repubblica inventò un gioco a premi che si chiamava Portfolio. Non fu un fatto giornalistico, bensì di marketing. Ricordo ancora l'assemblea di redazione in cui Ostellino ci disse che dovevamo essere orgogliosi del Corriere, a prescindere. Disse che poteva capitare che un dentifricio americano venduto con lo sconto avesse più successo de La pasta del Capitano. Ma che non per questo la Pasta del Capitano smetteva di essere il dentifricio migliore. Qualcuno malignò, ma davvero Ostellino era un grande liberale orgoglioso di fare un giornale liberale».

Un ricordo personale?
«Quando appena assunto in cronaca, assieme a un altro collega,

mi portarono nel suo ufficio, ero davvero intimorito. Ovviamente non si ricordava nemmeno di averlo fatto - Brambilla chi?- il Corriere era enorme. Ma quando mi disse 'Ben venuto nel Club' fu davvero una grande emozione».

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