La notizia economica migliore per il prossimo governo di centrodestra arriva nel tardo pomeriggio da quello precedente. Ieri il Consiglio dei ministri presieduto da Mario Draghi ha approvato la Nadef e i contenuti sono migliori delle attese. Anche se, sulla base della legislazione vigente, il Pil 2023 è stato rivisto al ribasso da +2,4 a +0,6%, il rapporto deficit/Pil è stimato in calo al 3,4% rispetto al 5,1% atteso quest'anno, migliore del 5,6% della Nadef 2021. Fondamentale la revisione al rialzo del Pil previsto a fine anno da +3,1 a +3,3 per cento.
Proprio questo miglioramento lascia in eredità un «tesoretto» da 9-10 miliardi da usare quest'anno, magari per finanziare un nuovo decreto aiuti. Allo stesso modo, si può ipotizzare un altro piccolo margine di scostamento l'anno prossimo ma è improbabile che venga concessa da Bruxelles la stessa «deviazione» di Draghi che curvò il deficit tendenziale 2022 dal 4,4 al 5,6% programmatico (che ora si dirige verso il 5,1). La piega si potrebbe trovare in quel 3,4% inferiore di 0,5 punti rispetto al 3,9% del Def 2022. Quindi massimi dieci miliardi.
Come potrà varare il centrodestra una manovra 2023 che consenta di rispondere alle emergenze del Paese tenendo fede al mantra dello «scostamento come extrema ratio»? Bisogna andare con ordine. Se la prima necessità è reperire ulteriori risorse contro il caro-energia (taglio dell'Iva e delle accise, bonus per i redditi bassi, ecc.) occorrerà trovare una cifra compresa tra i 15 e i 20 miliardi (il dl Aiuti ter ne vale 18; ndr). Parte delle risorse si possono reperire dall'extragettito Iva, da una rimodulazione della tassa sugli extraprofitti sui ricavi effettivi e, infine, da una «tregua fiscale» sulle cartelle. Essendo un'entrata una tantum potrebbe finanziare un provvedimento spot. Occorrerà, tuttavia, valutare la «sostenibilità politica» di un tale provvedimento spesso criticato da parte di Ue, Ocse e Fmi sebbene invocato dai consumatori che stanno per ricevere 13 milioni di avvisi dalle Entrate in un contesto di pesante crisi.
Non bisogna, tuttavia, sottovalutare la portata della proposta di Fdi di rimodulare il Pnrr all'emergenza energetica e recuperare risorse tra i Fondi di coesione Ue per il periodo 2014-2020. Sono utilizzabili fino alla fine dell'anno prossimo e potrebbero valere qualche decina di miliardi (è difficile che venga concesso il dirottamento dell'intero importo di 40 miliardi). Discorso più complesso per il Pnrr per il quale Fdi intende ridisegnare la parte energia destinando 25 miliardi al caro-bollette. La discussione con Bruxelles, seppur si riducessero i tempi, necessiterebbe di qualche mese a caro-gas già in corso. E come ha sottolineato il ministro Franco su 191 miliardi ne restano da spendere 170. Si sommerebbe ritardo a ritardo.
Tamponata l'emergenza le bollette, la manovra dovrà selezionare le priorità. Un punto programmatico che accomuna tutto il centrodestra è il taglio del cuneo fiscale. Se si proseguisse sul sentiero tracciato dal governo Draghi (taglio dell'1,2% degli oneri per redditi lordi fino a 35mila euro), occorrerebbe stanziare 6 miliardi per l'intero 2023. Se lo si volesse rendere più sostanzioso o espanderne la portata bisognerebbe quantomeno raddoppiare la posta. Altro aspetto è la rivalutazione delle pensioni all'inflazione che costa 8 miliardi proprio come lo stanziamento minimo del reddito di cittadinanza.
Se si volesse avviare un minimo di flat tax (sui redditi incrementali o l'estensione a 100mila euro per gli autonomi), bisognerebbe partire da una revisione di quelle spese. O da un innalzamento del deficit programmatico sul tendenziale. Ma, come detto, di lieve entità.
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