
«Pronto? Mio figlio è un complottista». Sembra una frase uscita da un libro di George Orwell o dal film Le vite degli altri sulla temibile polizia tedesca della Ddr, la Stasi. Eppure è tutto maledettamente vero. Ieri in Germania ha aperto il Beratungskompass Verschwörungsdenken, impronunciabile termine che suona come una bussola contro il «pensiero cospirazionista» attraverso uno sportello nazionale di assistenza che secondo le nobili intenzioni del ministero della Famiglia e dell'Interno tedesco serve a combattere la disinformazione, considerata il terreno di coltura degli estremismi.
Chiunque pensi che un proprio familiare o un vicino di casa sia affetto dal morbo del cospirazionismo può telefonare o scrivere online per ricevere una consulenza anonima. Siamo alla delazione come mezzo di propaganda politica, anche se il ministro dell'Interno Nancy Faeser la vede diversamente. Per lei «le teorie cospirazioniste, accompagnate da menzogne e fake news», vengono diffuse intenzionalmente per dividere la società tedesca e minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche». Ecco perché è necessario «segnalare» questi complottisti, anche se fossero amici, colleghi o membri della stesso nucleo familiare, allo scopo di «deradicalizzare» i bersagli della delazione e «orientarne» i convincimenti, come una bussola del pensiero in cui esiste solo il Nord.
Parliamo di teorie No Vax e anti scientifiche, ideologie estremiste, narrazioni antisemite, «un veleno per le famiglie e per la democrazia», sottolinea il ministro della Famiglia Lisa Paus. Questo sistema di denuncia dovrebbe servire a proteggere la società dal pericolo della disinformazione, invece il rischio è che laceri ulteriormente un Paese mai così frammentato, dove non a caso l'Afd è riuscito a penetrare e a convincere un pezzo di Paese - soprattutto la Germania Est - ad abbracciare le proprie tesi estremiste su immigrazione, sicurezza e politica estera, restando però fuori dal governo. La cosa incredibile è che a questo progetto c'è una Ong fondata da Anette Kahane, un'ex spia non ufficiale della Stasi fino al 1982. Possibile?
Il rischio della disinformazione c'è, come in Italia e nel resto d'Europa, dove le fake news rimbalzano da un social all'altro e vengono comunque condivise - indipendentemente dal fatto che le si creda vere o meno, come dimostrano diversi studi - in una stagione all'insegna della cosiddetta «infodemia», cioè l'invasione di notizie, in cui le gerarchie e l'importanza che noi attribuiamo viene di fatto polverizzata.
In guerra la prima vittima è la verità, per questo la propaganda sulla guerra in Ucraina ma anche sul conflitto di Gaza è così accurata, da entrambi gli schieramenti, da rendere davvero difficile per chi non è adeguatamente informato, capire la differenza tra bugia e verità.
Il problema è il solito: chi decide cosa sia cospirazionismo? È così che la Germania cerca di sconfiggere il fenomeno Afd? Come fa il
governo a «deradicalizzare» e a «orientare» chi la pensa diversamente? Il dominio del politicamente corretto e dell'ideologia woke hanno talmente eradicato il pensiero critico che qualcuno già pensa che sia una buona idea.
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