L'Ue minaccia AstraZeneca. Il rebus della guerra legale

Dosi non fornite, diffida di Bruxelles. Ma il rischio è che l'azienda abbandoni l'Europa per altri mercati

L'Ue minaccia AstraZeneca. Il rebus della guerra legale

E adesso? La durissima lettera di diffida, rivelata dal Corriere della Sera, con cui la Commissione Europea chiede conto ad AstraZeneca della mancata fornitura di 90 milioni di dosi rispetto alle 120 previste entro fine marzo apre una colossale incognita nella guerra dei vaccini. La lettera firmata da Sandra Gallina, l'italiana responsabile della Direzione generale Ue sulla Salute, è il prologo di una possibile causa legale.

«Vi chiediamo formalmente e vi diamo preavviso di porre rimedio alle sostanziali violazioni contrattuali entro venti giorni da questa lettera», intima il documento indirizzato ai vertici aziendali. Stando alla missiva, datata 19 marzo, «AstraZeneca ha violato e continua a violare le sue obbligazioni contrattuali sulla produzione e la fornitura delle 300 milioni di dosi iniziali per l'Europa». Dietro il mancato rispetto degli impegni vi sarebbero l'incapacità dell'azienda di garantirsi ingredienti e materie prime oltre alla scelta di favorire l'Inghilterra destinandole partite assegnate alla Ue. Per non parlare del mancato rispetto dei calendari per la fornitura con la «massima diligenza ragionevolmente possibile» di 30/40 milioni di dosi a fine 2020, 80/100 milioni entro il 31 marzo e il resto di 300 milioni entro fine giugno. La scadenza del termine di 20 giorni indicato nella diffida e la decisione di renderla pubblica fanno ritenere quasi inevitabile il passaggio alle vie legali. Anche perché se la diffida avesse centrato l'obbiettivo assisteremmo ad una moltiplicazione delle forniture. Invece nulla è avvenuto. Ma il ricorso alle vie giudiziarie non è una buona notizia per nessuno. Perché se la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi la causa legale ne è l'equivalente in ambito commerciale. E come la guerra vera spesso porta alla paralisi di entrambe le parti fino alla conclusione delle ostilità. E questo è il vero rischio nascosto nella missiva.

Messa davanti alla prospettiva di venir trascinata in tribunale e di pagar risarcimenti miliardari l'azienda potrebbe rispondere con altrettante accuse e con la scelta di abbandonare l'Ue per dedicarsi al resto del mondo. Il mercato certo non gli mancherebbe. Soprattutto dopo le ammissioni cinesi sulla scarsa efficacia dei propri vaccini. E ad AstraZeneca non farebbero difetto neppure gli argomenti da contrapporre all'Europa. Le contestazioni della Gallina pur rimbalzando dai media alle aule di tribunale farebbero pari e patta con il successo registrato dall'azienda in quell'Inghilterra dove il premier Boris Johnson ha esibito AstraZeneca come l'arma vincente nella guerra alla pandemia. E nelle trattative con nuovi mercati l'azienda potrebbe sempre eccepire che le mancate forniture dipendevano dal basso prezzo pagato dall'Europa. Una motivazione commercialmente efficace anche se soltanto parzialmente vera. AstraZeneca, al pari delle altre aziende con cui la Commissione aveva stretto precontratti, aveva concordato un congruo anticipo sulle spese di ricerca. Non a caso la lettera della Gallina ricorda il pagamento di una prima rata di 227 milioni di euro subito dopo la firma del contratto in agosto per mettere l'azienda in grado di partire con le forniture al più presto. Invece già ad autunno le cose andavano tutt'altro che bene.

Come ricordato nella diffida la mancata presentazione delle rendicontazioni contrattuali aveva, già allora, spinto Bruxelles a sospendere il versamento di una seconda rata da 112 milioni di euro. E da quel momento tutto ha continuato ad andare di male in peggio.

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