«La Russia è uno stato sponsor del terrorismo, che utilizza mezzi terroristici». Passano solo pochi minuti dall'approvazione solenne, nel Parlamento europeo, di questa risoluzione (su cui la sinistra italiana si spacca, con M5S e alcuni Pd che si astengono o votano contro insieme alle estreme destre putiniste), e un attacco hacker col timbro del Cremlino blocca i terminali e i siti della massima istituzione elettiva Ue. Come a dare conferma ufficiosa della definizione di «terrorismo» di Stato. «Ci attaccano dopo che abbiamo proclamato che la Russia è uno sponsor del terrorismo. La mia risposta? Slava Ukraini», dice la presidente dell'europarlamento Roberta Metsola.
La durissima risoluzione, approvata con 494 voti a favore, 58 no e 44 astensioni, era stata presentata congiuntamente dai gruppi Popolare, Liberale e Conservatore. I Socialisti si dividono, il Pd perde pezzi. Il M5s, per riguardo al Cremlino, si astiene: per loro, il tentativo di massacro dei civili ucraini non ha nulla di terroristico.
«Gli attacchi deliberati e le atrocità perpetrate dalla Federazione russa contro la popolazione civile dell'Ucraina - si legge nel testo, appoggiato dalla maggioranza di governo italiana - con la distruzione di infrastrutture civili e altre gravi violazioni dei diritti umani, costituiscono atti terroristici contro e sono crimini di guerra». Ma nella sinistra italiana non tutti la pensano così, e sono tre gli eurodeputati Dem che votano contro: Massimiliano Smeriglio (corrente Bettini, che passeggia volentieri sulla Neva), Andrea Cozzolino (dalemiano e prossimo al passaggio nel partito di Conte, dicono nel Pd), Pietro Bartolo (cattopacifista vicino al Sant'Egidio di Riccardi). Si ritrovano così nella compagnia filo-putinista dei nostalgici nazisti tedeschi di AfD e dei seguaci della Le Pen, nonché dei gruppuscoli della estrema sinistra post-staliniana. Criticare il regime dittatoriale di Putin, spiegano arditamente Cozzolino e Smeriglio, «allontana la pace». Ma anche altri Dem si smarcano e prendono le distanze dalla condanna del terrorismo russo: «Sono dispiaciuto, la risoluzione non mi convince», dice ad esempio il candidato alla guida della Lombardia, Pierfrancesco Majorino (impegnato nell'inseguimento dell'alleanza coi grillini). Altri, da Giuliano Pisapia a Caterina Chinnici, non partecipano al voto. Nel gruppo si svolge una estenuante mediazione, per evitare una clamorosa ritrattazione della limpida linea filo-ucraina tenuta dalla segreteria Letta, ma ormai sempre più messa in discussione dall'ala sinistra e filogrillina. Del resto, lo stesso capogruppo Brando Benifei, pochi giorni fa, aveva asserito che «oggi non si può continuare a inviare armi», perché «non possiamo restare schiacciati sulle posizioni Usa: il Pd deve superare una postura troppo militare». Ieri, dopo ore di dibattito interno, si è rassegnato: «Voteremo a favore della risoluzione», ha annunciato, ma solo «perché nessuno possa strumentalizzare da qualunque lato la nostra linea». Che non si capisce bene quale sia, a questo punto.
Le uniche parole chiare arrivano dalla vicepresidente dem del Parlamento Europeo, Pina Picierno, che plaude alla «presa di posizione chiara, netta e inequivocabile» dell'aula di Strasburgo: «Un voto importante che ci vede ancora una volta schierati con nettezza con l'Ucraina e per lo Stato di diritto».
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