L'Ue studia le contromisure. "Pronti a reagire agli Usa"

Parigi e Berlino e la minaccia di Trump: "L'obiettivo è cooperare ma l'Europa è forte". Il nodo delle spese militari come leva sugli States

L'Ue studia le contromisure. "Pronti a reagire agli Usa"
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Per ora l'Ue non alza troppo la voce davanti alla minaccia di dazi americani, ma non sventola neppure bandiera bianca. Ed anzi è pronta a reagire, se l'opzione Trump diventerà reale. A oggi è solo «realistica», è il ragionamento attendista fatto ieri a Bruxelles nel primo vertice europeo dall'insediamento di The Donald alla Casa Bianca. Le colombe, contrapposte ai falchi avvezzi all'escalation retorica, hanno apparentemente disinnescato la «trappola trumpiana», capace di ingenerare una guerra commerciale. Trump lamenta «un deficit massiccio con l'Ue» pari a 350 miliardi di dollari, e accusa i partner del Vecchio continente d'aver «abusato per anni degli Usa». Parla di mancati acquisti di auto americane e prodotti agricoli «con la scusa dei pesticidi e di altre sostanze chimiche». E scruta a suo modo.

A Consiglio europeo in corso, il Telegraph quantificava la volontà del team Trump: «Alcuni vogliono imporre una tariffa del 10% all'Ue». Per il quotidiano britannico, che cita fonti vicine all'Amministrazione Usa, non c'è ancora però ampio accordo negli States, ma «stanno pensando di farlo su tutte le importazioni dall'Ue». Chiudersi su se stessi o aprire a un compromesso? Di questo, ieri, si è discusso al vertice informale dei 27 rivoluzionando l'agenda. Davanti ai microfoni Parigi mostra i muscoli: «Se sarà attaccata, l'Europa dovrà farsi rispettare e reagire». Ma a cena Macron lascia spazio a toni più pragmatici. Se si può trovare un compromesso, «meglio per tutti», la linea condivisa. Anche perché, come fa presente l'Alto rappresentate per la politica estera Ue, Kallas, «in una guerra commerciale non ci sono vincitori, e se Usa e Ue ne iniziano una sarà la Cina a ridere». Insomma, l'avversario comune è la Cina, non certo gli Stati Uniti con cui si condivide la maxi-spesa per l'Alleanza atlantica.

Proprio il tema della difesa comune, anzitutto europea, doveva essere l'unico in agenda, e secondo Italia e Polonia potrebbe essere il grimaldello per riportare Trump a più miti consigli. Definire nuove ipotesi di finanziamento e rafforzare il fronte est della Nato come chiesto dagli Usa e dal segretario generale dell'Alleanza Rutte, ieri invitato al Palais d'Egmont assieme al premier britannico Starmer ed a una new entry, il belga conservatore De Wever. Ma dove comprare gli armamenti necessari? Parigi vorrebbe acquisti nella sola Europa, la Polonia sostiene che l'industria Ue non sia pronta a soddisfare la domanda, e comprare in America aiuterebbe a congelare la crisi all'orizzonte. Linea, questa, suggerita anche da Meloni. Forte del suo ruolo di cerniera con Washington, ieri ha ribadito la linea del dialogo per una trattativa commerciale che riequilibri la bilancia Ue-Stati Uniti. E portare Trump a più miti consigli. L'ipotesi Eurobond è sempre sul piatto. Ma sul da farsi, di fronte al rischio dazi, si contano almeno tre approcci Ue distinti. La nettezza sfidante della Francia, l'alert della Polonia e lo sguardo di prospettiva di Meloni, disposta a mediare. Attendismo, dunque. Pronti insieme (Italia compresa se non si troverà un accordo con Trump) a contromosse.

Sfoggia ottimismo il cancelliere tedesco Scholz: «L'obiettivo è la cooperazione, ma siamo abbastanza forti da reagire a qualsiasi dazio». Tra i 27 qualcuno del gruppo potrebbe non condividere risposte à la française, semmai Macron avrà il coraggio di strutturarle in autonomia. «Fare tutto il possibile per evitare questa stupida e inutile guerra commerciale», insiste la Polonia, leader europeo assieme all'Estonia per spesa militare. Il mio consiglio, insiste Tusk, è che «durante eventuali colloqui con gli americani dobbiamo mantenere la consapevolezza dei nostri interessi». Tradotto: andare allo scontro sui dazi non conviene a nessuno.

Proprio il tema della spesa militare potrebbe essere dunque un grimaldello per scardinare le minacce: o quanto meno attenuarle.

E l'idea di non inseguire Trump sul terreno dello scontro retorico, optando per incaricare gli sherpa di elaborare proposte. Più armi americane, più gas liquido in Ue. In serata The Donald ha aperto all'ascolto: «Ora vogliono un accordo», sottolineando però che dovrà essere equo per evitare una nuova stagione fatta di prove di forza.

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