L'ultima folle crudeltà del regime cubano. Bimba di tre anni deve testimoniare sul papà

L'uomo è un prigioniero politico. La figlia rischia l'accusa di disobbedienza

 Prisioners Defenders
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La crudeltà del regime cubano non ha limiti. Lunedì la dittatura di Miguel Díaz-Canel ha convocato Leadi Naranjo, una bambina di tre anni, figlia del prigioniero politico Idael Naranjo, a testimoniare. «Ho la convocazione in mano, all'inizio pensavo fosse un errore. Cosa le chiederanno? Di che deve parlare se è una bambina di tre anni? Se non si presenta ci sarà una multa e minacciano di accusarla di disobbedienza», ha denunciato ieri sua mamma, la 30enne Yunisleydis.

La convocazione è arrivata lunedì all'indirizzo della nonna paterna e doveva presentarsi ieri, alle 20.30 italiane, al commissariato del Capri, all'Avana. Yunisleydis ci ha garantito che non avrebbe esposto sua figlia al trauma di un interrogatorio della polizia: «Andrò al suo posto con mia madre, perché hanno convocato anche a lei e chiederò qual è il problema con Leadi, perché è inutile farsi intimidire». Come tutti i parenti degli oltre mille prigionieri politici, Yunisleydis è spesso «attenzionata» dagli agenti del regime mentre sua suocera ha avuto un attacco di panico quando gli agenti della sicurezza di stato le sono entrati in casa per consegnarle la richiesta di interrogatorio della nipote.

Il caso di una bambina di tre anni convocata dalla polizia e minacciata se non si presenta fa rabbrividire ma, assicura Javier Larrondo, presidente dell'ong Prisoners Defenders, «non è isolato». Secondo l'organizzazione che vigila sui diritti umani, «Leadi non può andare a quell'ignominiosa convocazione. È uno schifo anche se abbiamo visto cose analoghe o peggiori. Bambini minacciati, separati con la forza dai genitori, minori torturati. Il regime è disgustoso e tutto ciò che accade oggi a Cuba è una barbarie distopica» ha scritto in un comunicato Prisoners Defenders.

L'ong due giorni fa aveva aumentato a 1047 il numero dei prigionieri politici della dittatura, 14 i nuovi contabilizzati a luglio, tutti torturati, ed ha «raccolto più di 1100 testimonianze di medici cubani all'estero in missioni come quella in Calabria. Medici che se lasciano il loro lavoro sono puniti con otto anni senza poter rivedere i loro figli né rientrare in patria», spiega a Il Giornale Larrondo. Non bastasse, «ai loro figli la dittatura dice che la madre o il padre sono traditori della patria, traumatizzandoli. Lo abbiamo documentato con bambini di due, tre, quattro, cinque anni. In questo modo si ottiene fedeltà al regime da parte dei medici che, dopo aver ricevuto il loro stipendio, devono consegnarne l'80% allo stato cubano». Adesso, ci spiega il presidente di Prisoners Defenders, «stanno facendo lo stesso con i prigionieri politici, ma non attraverso la legge delle missioni bensì con il nuovo codice di famiglia, minacciando direttamente i loro parenti che, se non stanno zitti, saranno privati della custodia e della patria potestà dei loro figli».

Un dramma che ha ben presente la mamma di Leadi, che ieri ha diffuso un disperato appello video per denunciare il suo caso, augurandosi «che non accada nulla a mia figlia e alla mia famiglia perché sarà solo colpa del governo. La polizia non può interrogare una bambina di tre anni». Per la cronaca, Idael Naranjo, il papà di Leadi, è una delle migliaia di persone arrestate per avere partecipato alla storica mobilitazione pacifica dell'11 luglio 2021 ed è stato condannato a dieci anni di carcere «per sedizione».

Recluso nel carcere di Combinado del Este, lo scorso anno aveva fatto uno sciopero della fame e a luglio si è vestito di bianco in omaggio alle proteste di due anni fa: come altri detenuti, è stato spogliato a forza e messo in una cella di isolamento.

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