La grafica è inquietante. Viene addirittura il dubbio che la location, Zagarolo, sia stata scelta proprio per sfoggiare la Z putiniana, marchio della guerra in Ucraina. Dunque, il micro Partito Comunista Italiano si appresta a celebrare l'8 maggio la «Festa della vittoria». La stessa che, per ragioni di fuso orario, va in scena a Mosca il giorno successivo, 9 maggio, con parate ed esibizione muscolare di armi e medaglie.
Il piccolo paese alle porte di Roma è invece per molti associato a un ricordo meno impegnativo: la locandina di «Ultimo tango a Zagarol», una parodia nello stile della commedia all'italiana del più celebre «Ultimo tango a Parigi». Questa volta però non c'è nessuna ironia, ma semmai il tentativo di afferrare un lembo della grande storia sovietica e riproporlo in salsa laziale.
Il manifesto non lascia dubbi: «L'Unione Sovietica libera l'Europa dal nazifascismo». Ecco così l'appuntamento che in un altro contesto sarebbe circoscritto ad un manipolo di nostalgici del pugno chiuso che non hanno messo quella parolina, ex, fra il presente e il loro passato. Erano e restano comunisti, anche se dispersi nella galassia polverizzata della sinistra radicale.
Solo che oggi un raduno del genere tocca tutti come il morso di un animale che si pensava estinto. Non è così, il partito putiniano vanta ammiratori e discepoli nel nostro Paese, pur se con distinguo e differenze, e la famigerata Z ha seminato scompiglio fin dentro il Parlamento: l'ha omaggiata, nientemeno, il presidente della Commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli e questo gesto ha acceso polemiche sulle tv di mezzo mondo. In tanti hanno chiesto al parlamentare pentastellato di dimettersi per coerenza, i 5 Stelle l'hanno espulso, lui è ancora asserragliato alla poltrona. Con la sola compagnia, nel deserto della Commissione, del senatore Emanuele Dessì, comunista ma di un'altra parrocchia rispetto alla fazione di Zagarolo.
Chissà se l'evento in programma domenica susciterà altrettanta indignazione. I promotori elencano puntigliosamente il proprio credo: «Appuntamento ore 12,30 per dibattito a tema, onorando la Grande Guerra Patriottica dell'Unione Sovietica. Oggi, in un mondo in cui vige una narrazione unica, nella quale vengono riabilitati opportunisticamente simboli e gesta dei Nazifascisti, con la Nato e la Ue che armano il battaglione Azov nazista, vogliamo ribadire che condanniamo ogni forma di equiparazione fra nazismo e comunismo».
In quel frammento di vecchia Urss a due passi dalla capitale sono pronti a scandire una sfilza di no: no alla Nato, no all'invio di armi all'Ucraina, anzi per loro non solo Kiev ma anche Roma dovrebbe abbandonare l'Alleanza Atlantica.
Nessun rossore, se non quello delle bandiere, e una certa disinvoltura nell'azionare il tergicristallo della storia: se è vero che l'Unione Sovietica scrisse col sangue le ultime pagine per liberare l'Europa dal nazismo, è evidente che la Guerra cominciò con lo scellerato patto fra Hitler e Stalin per spartirsi la Polonia. E alle fosse di Katyn il regime sovietico massacrò la nomenklatura polacca, attribuendo lo spaventoso eccidio proprio alle truppe tedesche.
«Il Partito Comunista Italiano - afferma Marco Silvestroni, Fdi, presidente della provincia di Roma - sembra voglia organizzare una festa
in onore della follia. È chiaro a tutti che questa Z è il segno di Putin e mi auguro che la sinistra prenda le distanze da questo avvenimento». Resta solo da capire se al meeting ci saranno più compagni o più telecamere.
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