L'ultima resistenza della sinistra: barricate per il fornaio di Ascoli

Interrogazioni dell'opposizione sullo striscione antifascista fatto rimuovere. Ma la Questura: fake news

L'ultima resistenza della sinistra: barricate per il fornaio di Ascoli
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«Fornai di tutta Italia unitevi contro il governo Meloni». La sinistra si mobilita per una «nuova resistenza» in difesa del forno di Ascoli Piceno che ha esposto uno striscione per la festa della Liberazione (foto). Scattano denunce e interrogazioni parlamentari. Fratoianni, Conte, Schlein sono sul piede di guerra. Motivo? In rete gira un video di un agente di polizia, che ad Ascoli Piceno, durante le manifestazioni per il 25 aprile, ha chiesto chiarimenti ai titolari di un panificio in merito a uno striscione. È partito subito con tam tam. La «polizia fascista» identifica gli oppositori. Eccolo grido d'allarme: «È tornata la polizia del regime». In realtà, si tratta una fake news. La Questura ha subito precisato: «Lo striscione non è stato rimosso né si è richiesto di farlo e non è stata effettuata nessuna identificazione formale». Nel frattempo, mister Tesla (Fratoianni) aveva già mobilitato le truppe della resistenza: «In attesa di sapere in Parlamento dopo le nostre interrogazioni al governo quali provvedimenti siano stati presi nei confronti di chi ha deciso che fossero passibili di controlli e verifiche coloro che nel giorno della Liberazione, Festa Nazionale della Repubblica Italiana, rendono omaggio con striscioni e cartelli all'antifascismo, le immagini parlano chiaro. Milioni di italiani hanno potuto vedere sui social e sul web il comportamento e gli argomenti utilizzati dai rappresentanti della polizia locale di Ascoli Piceno nei confronti dei titolari del forno. Una vicenda dai tratti inquietanti. In questo Paese non se ne può più di chi oltraggia impunemente le sedi di partito delle forze antifasciste, di quelle associazioni neofasciste che ricordano con affetto Hitler come a Varese, o di quei sindaci che multano l'Anpi che vuole festeggiare il 25 Aprile». Si allinea il M5s che grida al pericolo fascista: «L'identificazione della titolare e l'aggressione allo striscione rappresentano un segnale inquietante per la nostra democrazia» denuncia il grillino Roberto Cataldi. Ormai la sinistra è in paranoia. E ritorna alla carica anche sul presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Deve dichiararsi antifascista». Peccato però che l'abbia già fatto almeno cinque volte. Il 2 ottobre del 2022 alla Camera, quando si presentò per ottenere la fiducia al suo governo: «Non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso». Due giorni fa, in occasione del 25 aprile, Meloni non ha esitato: «In questa giornata, la nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana». Parole che non hanno fermato l'orchestra della sinistra con Gruber e Scurati. «Meloni si dichiari antifascista». Un anno fa, in occasione della commemorazione di Giacomo Matteotti, la leader di Fdi aveva ribadito: «Siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee».

E poi l'11 agosto 2022: «La destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia da decenni ormai, condannando senza ambiguità la soppressione della democrazia e le infami leggi contro gli ebrei». E ancora: «La vile e disumana deportazione di ebrei romani per mano della furia nazifascista», commentando i rastrellamenti al ghetto ebraico di Roma. Ma alla sinistra non basta.

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