Il veto al bilancio Ue in caso di ulteriori contestazione alla legge di Bilancio? Una minaccia da bullo di provincia. Almeno stando a quanto rileva il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta, che su Twitter si è rivolto al premier e al sottosegretario che si occupa di Affari europei. «Silenzio fragoroso di Matteo Renzi sul suo infortunio sul veto di bilancio Ue. Sandro Gozi gli spieghi, se lo conosce, l'ordinamento comunitario», ha scritto l'economista azzurro nonché ex europarlamentare.
Il perché di questa intemerata è semplice visto che proprio qualche giorno fa il Parlamento europeo a Strasburgo ha respinto la bozza di bilancio comunitario proposta dal Consiglio europeo chiedendone l'aumento. Sul bilancio annuale gli Stati membri non hanno potere di veto. Il Consiglio europeo lo vota a maggioranza e sono sufficienti sedici Paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione. Un'eventuale minoranza di blocco potrebbe essere costituita da un numero di Stati che rappresenti come minimo il 35% degli europei. Insomma, su questo capitolo l'Italia avrebbe bisogno di alleati se volesse scagliarsi contro Juncker e, per interposta persona, contro Angela Merkel.
«L'unanimità, ricordiamo a noi stessi e non ci permettiamo di ricordare a Renzi che dovrebbe saperlo bene, con il conseguente potere di veto, si ha solo sul bilancio pluriennale», ha perciò ricordato Brunetta. Il problema è che su questa nuova allocazione di capitoli di spesa si parlerà non prima del 2020 quando scadrà la programmazione dei fondi comunitari attualmente in vigore. «Non sembra essere questo il punto», ha osservato sarcasticamente il capogruppo di Forza Italia ritenendo però improbabile che la minaccia potesse riferirsi «ai bilanci annuali all'interno del quadro pluriennale». Come detto, si votano a maggioranza qualificata e «il voto contrario dell'Italia non ne bloccherebbe l'approvazione», ha concluso definendo la questione «una figuraccia di Matteo Renzi» causata da una «finta minaccia, disinformata e spuntata».
Ecco perché l'iter della legge di Bilancio e dell'annesso decreto fiscale rischia di trasformarsi nella solita Via Crucis con Bruxelles che tornerà a questionare sulle virgole e sugli «zero virgola». Anzi, a questo punto, al presidente del Consiglio e al ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, non conviene tirare troppo la corda. Se i commissari si indispettissero, al di là delle rassicurazioni di Moscovici, valutazioni negative potrebbero impattare negativamente sul referendum considerato che una valutazione d'insieme dovrebbe essere fornita il 30 novembre.
Di qui la replica del Tesoro alla lettera di osservazioni sul Documento programmatico di Bilancio inviata a Via XX Settembre e a Palazzo Chigi martedì scorso.
L'asse portante, secondo quanto fatto trapelare, è sempre lo stesso: non si faranno passi indietro su quello 0,4% di deficit/Pil in più (che per la Ue è uno 0,7%) perché l'Italia ha sostenuto «ingenti sforzi» per fronteggiare la questione migranti e l'emergenza terremoto, aggravata dai tragici eventi delle ultime ore. La deviazione del saldo strutturale rispetto agli impegni assunti in primavera coinciderebbe proprio con tali costi. Parola di Renzi e Padoan.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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