Poco prima dei funerali di Maria Paolo sono arrivati due ragazzi in motorino. Avevano un grande manifesto. Glielo mandava Ciro, il suo fidanzato, che la famiglia di lei non aveva mai accettato. Nel cartellone si vedono quattro fotografie dei due giovani, insieme, il disegno di un cuore con i loro nomi e un lungo messaggio d'addio. «Correvamo solo verso la nostra libertà, o almeno credevamo di farlo, verso la nostra piccola grande felicità. Ovunque sarai, il mio cuore sarà lì con te. Ti amerò oltre le nuvole. Ciro».
Il giorno in cui Maria Paola Gaglione è morta, lei e Ciro Migliore erano insieme sullo scooter. Fino all'incidente, quando il fratello di Maria Paola non è arrivato a speronarli. Il ragazzo è rimasto ferito, lei invece è morta. Il fratello Michele non voleva accettare quella relazione con Ciro, un ragazzo che era nato femmina. Ieri, proprio accanto al cartellone con l'ultimo saluto di Ciro spiccava il manifesto funebre della famiglia di Maria Paola, firmato dai genitori e dai fratelli, e Michele era tra loro ora in carcere per omicidio preterintenzionale.
Quindici minuti dopo le 16, il feretro di Maria Paola è arrivato in chiesa. Magliette nere, passi lenti e volti scavati dalla sofferenza. Franca e Pino Gaglione, genitori di Paola non parlano con nessuno. Neppure tra loro. Si sono accasciati lentamente sulla bara bianca al centro della chiesa di san Paolo apostolo a Caivano. Non hanno voluto che le telecamere seguissero il rito funebre e in chiesa sono state fatte entrare poche persone anche per seguire le regole imposte dal Covid.
Una folla silenziosa ha atteso davanti le porte della chiesa. «Nella stessa chiesa dove sei stata battezzata da questo prete, oggi si sta celebrando il tuo funerale, Maria Paola», dice dal pulpito il parroco, don Maurizio Patriciello. E la sua voce si interrompe per l'emozione.
«In chiesa non c'è posto per l'odio», dice il parroco. E aggiunge: «Quante menzogne vengono dette da mattina a sera». Poi sottolinea: «Ogni vita è preziosa. Signore, ricordaci che prima dell'orientamento sessuale, del colore della pelle, del conto in banca, viene la persona umana, creata a tua immagine e somiglianza». E conclude: «Perdonaci, Maria Paola, per non essere riusciti a custodire questa tua vita fragile e meravigliosa».
All'uscita del feretro, un altro applauso, mentre le amiche di Maria Paola lanciano palloncini bianchi e fanno volare piccole colombe. Sulle loro magliette, una ragazza che sorride, in calce la scritta: «Diciotto anni non sono stati abbastanza per amare una persona come te. Buon viaggio principessa».
Ciro arriva ai funerali di Maria Paola scortato dalla polizia, dall'Arcigay e con il permesso della Procura. ora in carcere per omicidio preterintenzionale. Michele come la famiglia si opponeva alla relazione tra la sorella e il 22enne.Ciro ha dato l'ultimo saluto a Maria Paola all'obitorio, accompagnato suoi amici e da una delegazione di Arcigay Napoli, scortata dalla polizia. Il giovane è stato autorizzato dalla Procura di Nola, diretta da Laura Triassi, e è stato accompagnato dall'avvocato Giovanni Paolo Picardi che lo rappresenta in giudizio. L'associazione ha ringraziato la Procura: «che ha mostrato da subito grande sensibilità nella gestione di una vicenda delicata e con non poche implicazioni emotive per le persone coinvolte, autorizzando Ciro a rendere l'ultimo saluto al corpo della propria compagna».
A raccontare un'altra storia sulla morte di Maria Paola è Bruno Mazza, amico di famiglia. «L'orientamento sessuale non c'entra. La reazione di Michele, che pagherà per quello che ha fatto, è la reazione di un fratello che vedeva Maria Paola sbandata, accanto ad uno che aveva problemi con la giustizia, e andava a firmare ogni giorno in caserma». Mazza aggiunge: «Maria Paola aveva uno zio omosessuale, che ha vissuto con loro 35 anni, senza alcun problema. Ma ora Maria Paola dormiva ogni giorno in una casa diversa, non aveva neanche dove farsi la doccia, il problema era questo».
Ciro intanto ha parlato poco prima del funerale e dice: «Noi abbiamo vinto, anche se non siamo più insieme abbiamo vinto contro tutti, soprattutto contro la
sua famiglia perche non volevano. Per loro non ero un ragazzo». Dal carcere, il fratello Michele, ha dato la sua versione dei fatti e ripete: «Non volevo ucciderla, volevo solo che si fermassero per poter parlare con lei».
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