L'utopia finita in macerie

Furono le giunte rosse ad affidare il progetto: il risultato furono sette palazzoni residenziali ispirati dalla corrente architettonica Existenzminimum, con case ridotte al minimo indispensabile per "forzare" la convivenza e la socialità

L'utopia finita in macerie
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La sinistra prova a seppellire le sue responsabilità storico-politiche sotto le macerie della penultima Vela di Scampia, demolita ieri con mezzo Pd che esulta blaterando di «periferie finalmente degne, vivibili e civili». Come se a partorire l'obbrobrio brutalista negli anni Sessanta non fosse la stessa sinistra che da decenni governa Napoli e la Campania tranne qualche breve parentesi e che da allora insegue «un'idea astratta di comunità, avulsa dalla realtà, mentre le famiglie più fragili e la società andavano in direzioni opposte», per usare il semi mea culpa dell'archistar milanese Stefano Boeri.

Furono le giunte rosse del sindaco comunista Maurizio Valenzi ad affidare il progetto a Franz Di Salvo. Il risultato furono sette palazzoni residenziali ispirati dalla corrente architettonica Existenzminimum, con case ridotte al minimo indispensabile per «forzare» la convivenza e la socialità, come se fosse compito dello Stato imporre ai «poveri» un modello di comportamento.

Un fallimento epocale, diventato mammella della politica (ah, la Cassa del Mezzogiorno), dove vennero deportati buona parte degli abitanti del Centro storico, assemblati con gli sfollati del terremoto dell'Irpinia del 1980 in un ghetto diventato in poco tempo perfetto terreno di coltura per la camorra, che si è impossessata di questo esempio di brutalismo sovietico per trasformarlo nel regno dello spaccio esaltato alla gloria televisiva - nel vero senso della parola - dalla Gomorra di Roberto Saviano, con tanto di occupazioni abusive definite «di necessità» e dunque quasi tollerate dallo stesso Valenzi. È peraltro ciò che teorizza la nuova eroina Ilaria Salis, «chi occupa case disabitate prende senza togliere nulla a nessuno».

A distanza di sessant'anni, come dimostra lo sfascio del sistema Milano e l'inchiesta della Procura sull'edilizia, la sinistra conferma la sua vocazione autolesionista.

Solo che stavolta non sono i poveri a pagare ma il ceto medio, ormai quasi del tutto espulso dal centro della città per far posto ai nuovi ricchi e finito confinato negli stessi palazzoni dormitorio immersi nei vialoni partoriti dalla stessa follia urbanistica, con periferie mai diventate quartieri.

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