Mélenchon nascosto, moderati allo scoperto. Il fronte della sinistra rischia già la frattura

Possibili alleanze ed equiibri dopo il voto in Francia

Mélenchon nascosto, moderati allo scoperto. Il fronte della sinistra rischia già la frattura
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Domenica sera Jean-Luc Mélenchon si è goduto sino all'ultimo goccio il nettare della vittoria. Mentre in place de la Rèpubblique i suoi fans festeggiavano scontrandosi una volta di più con la polizia, dal fondo della Rotonde Stalingrad il suo quartier generale e rifugio preferito ha annunciato ai fedelissimi di La France Insoumise la nuova linea: il potere, subito e senza «nessun sotterfugio, nessuna trattativa segreta, nessun veto su nessun nome». Macron non s'illuda, a lui e solo a lui spetta Palazzo Matignon, la confortevole residenza del premier.

Passata la notte l'euforia si è trasformata in prudenza e attesa. Al netto delle desistenze e degli accordi, al secondo turno il Nouveau Front Populaire non ha raggiunto la tanto agognata maggioranza assoluta bensì ha perso il 2,44% degli elettori rispetto a una settimana fa, fermandosi a 7.005.527 di voti. Abbastanza rispetto ai 6.315.555 del blocco macroniano, poco guardando i 10.110.011 raccolti dai lepenisti. Numeri freddi e solidi che hanno convinto l'inquilino dell'Eliseo ha confermare «per il momento» il primo ministro uscente Gabriel Attal e il ministro dell'Interno, Gèrald Darmanin. La scusa, abbastanza plausibile, sono i prossimi giochi olimpici di Parigi: lasciamo che si disputino le gare e intanto vediamo, trattiamo, negoziamo con chi ci sta e, intanto, lasciamo fuori dalla porta il sulfureo tribuno di Lfi.

Uno stop che ha rianimato i compagni di strada di Mélenchon socialisti, ecologisti, comunisti confluiti provvisoriamente nel Nfp tutt'altro che entusiasti dell'invasività e della logorrea del vecchio agitatore trotzkista e infastiditi dei suoi tic antisemiti e degli strampalati proclami massimalisti. Il primo a prenderne le distanze è stato il moderato Raphael Gluksmann, l'uomo che a sorpresa ha resuscitato i socialisti transalpini alle scorse Europee. Rintuzzati Bardella e Ciotti, l'alleanza con Lfi e altri ultrà gauchistes per lui è ormai un dato superato: «Siamo davanti ad un'Assemblea divisa e tutti dobbiamo comportarci da adulti. Bisogna parlare, discutere, dialogare». Con chi non è ancora chiaro ma, visti i pessimi rapporti personali e politici con Mélenchon, è facilmente intuibile che Gluksmann non escluda nessuna opzione, tanto meno un incontro con Attal.

Più o meno stessa linea il segretario del Partito socialista Olivier Faure che ha chiesto alla sua coalizione di presentare in settimana una candidatura per Matignon attraverso «una consultazione tra i diversi partiti, oppure con una votazione». Una proposta, quest'ultima, che preoccupa assai i militanti della France Insoumise che hanno ben chiari i rapporti di forza all'interno del variegato e molto litigioso carrozzone sinistroso. Un referendum interno vedrebbe la prevalenza dei «dialoganti» rispetto agli estremisti con conseguente rischio di una rottura traumatica tra le diverse anime del Nfp.

Il tutto con gran gioia di Macron che spera d'imbarcare in un governo d'emergenza nazionale tutte le varie anime del centrosinistra gallico più i neogollisti anti Ciotti. Escludendo così tutte le estreme, compreso il da lui assai detestato Jean-Luc, il «Chavez della Rotonde Stalingrad».

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