Forse è esagerato sostenere che Napoli sia la culla del M5s. Di certo, però, la storia dei pentastellati è legata in modo profondo alla città partenopea. Nel capoluogo campano è stato fondato, infatti, uno dei primi meetup, luoghi d'incontro e discussione sul web che gravitavano intorno al blog di Beppe Grillo, sulla scia dei quali nascerà il Movimento. Proprio a Napoli Roberto Fico, l’attuale presidente della Camera e tra i pentastellati più influenti, ha mosso i primi passi nel mondo della politica. Non va, inoltre, dimenticato il successo straordinario conseguito dai grillini nel capoluogo campano alle politiche del 2018: in questa tornata elettorale i 5s hanno raggiunto, secondo i dati forniti il Cise (il Centro italiano studi elettorali) il 52% dei voti, sbaragliando gli avversari.
Un legame, quello tra Napoli e pentastellati, suggellato dallo svolgimento nel capoluogo partenopeo nel 2019 di “Italia 5 Stelle”, la festa per il decennale dalla nascita del Movimento, alla presenza di una folla entusiasta. In fondo non poteva esserci luogo migliore per questa celebrazione laica. Una forza politica che si è presentata come "anti-sistema" ha festeggiato il suo “compleanno” in una città dove gli abitanti sono particolarmente delusi dai partiti.
Ma nella vita le cose non durano per sempre. Con il lento ed inesorabile scorrere dei giorni i rapporti si logorano, si allentano, si modificano. L’amore, anche quello più profondo, può tramutarsi in freddezza. E questo vale anche nel campo politico. Non è passato molto tempo dal trionfo alle urne del Movimento. Solo tre anni. Ma è come se fosse trascorso un secolo. Nel frattempo di cose i pentastellati ne hanno fatte. Il governo gialloverde prima e giallorosso poi, il sì al sostegno all’esecutivo Draghi, le alleanze con i dem a livello locale.
Ora è proprio da Napoli, città che in qualche modo ha anticipato i tempi lanciando il M5s al successo, che emergono segnali precisi della crisi pentastellata. Perché c’è chi ha detto basta. Basta a scelte imposte dall’alto, a promesse tradite, a ideali messi da parte. Prima qualche lamentela, poi polemiche sempre più forti. Fino al terremoto che potrebbe segnare la fine di un’epoca. E così nel capoluogo partenopeo si è consumata la scissione. Quello che non è accaduto a livello nazionale, nonostante le forti tensioni tra le varie "anime", si è verificato a Napoli. I pentastellati duri e puri hanno detto addio a Fico, Di Maio e Grillo.
Uno strappo pesante e clamoroso. Soprattutto perché la spaccatura si consuma a poche settimane dalle Amministrative di ottobre. Al voto il M5s si presenterà con il Pd. Troppo per gli “ortodossi” che non hanno voglia di rinnegare anni di impegno politico. Chi è rimasto deluso dalla svolta del Movimento non ha abbandonato il terreno di gioco ma ha deciso di restare in campo per continuare a portare avanti battaglie ed idee delle origini. Gli "ortodossi" hanno, infatti, dato vita a "Napoli in Movimento- No alleanze". Il nome è già una promessa: la neonata creatura alle elezioni si presenterà da sola. Il coraggio di una scelta difficile. Perché restare nella coalizione di centrosinistra avrebbe permesso loro di vincere, almeno secondo i sondaggi. Ma gli ideali non si barattano. Anche a costo di perdere.
Del nuovo soggetto politico fanno parte attivisti, cittadini, portavoce uscenti al Comune e alle Municipalità di Napoli. Perché hanno lasciato il M5s? La risposta arriva direttamente da Matteo Brambilla, candidato sindaco di Napoli del nuovo soggetto politico, che ha parlato con ilGiornale.it.
I motivi della scissione dal M5s
"In realtà è il M5s che ha detto addio alla democrazia dal basso, alle regole semplici come due mandati e a casa, nessun doppio incarico, restituzioni per finanziare il microcredito, chi è stato candidato con i partiti contro il movimento non si può candidare, e ha derogato a tutti i principi che ci eravamo dati". Secondo Brambilla ormai "il Movimento è un partito a tutti gli effetti, che fa alleanze strutturali alle elezioni, anche amministrative, con chi è stato la causa della mala gestione e dei dissesti dei Comuni, e non potrà mai essere la cura. Un partito verticistico con un uomo solo al comando che detta la linea (peraltro non era nemmeno iscritto al movimento) è l’antitesi della democrazia partecipata che sognavamo e che abbiamo incarnato come portavoce nelle istituzioni locali. I candidati ormai vengono scelti e calati dall’alto, non più espressione dei gruppi territoriali".
"Noi abbiamo detto no a tutto questo", ha affermato a ilgiornale.it ancora Brambilla. Quest'ultimo ha ribadito che il movimento "ha abbandonato i territori, le piazze, e fa politica ormai quasi solo dalle stanze romane, e questo ha allontanato le persone non solo dal Movimento, ma dalla partecipazione alla vita politica". Questo, secondo Brambilla, è "il più grande fallimento per il Movimento, che era nato proprio per portare i cittadini nelle istituzioni e partecipare attivamente alle scelte politiche. Il candidato sindaco è stato chiaro.
Il percorso è ormai segnato. Aver dato vita alla nuova formazione politica "è stata la naturale prosecuzione del percorso che abbiamo intrapreso per la stesura del programma partecipato per il Comune di Napoli, che abbiamo chiamato "la Napoli che vogliamo" e che ci ha visti per un anno e mezzo confrontarci con attivisti, cittadini, associazioni, portavoce locali". Brambilla ha spiegato di aver provato ad avere "il simbolo dal garante, Beppe Grillo, convinti della bontà del percorso intrapreso, e per continuare ad essere cittadini nelle istituzioni, ma a livello nazionale sono prevalse le logiche di quella vecchia politica della spartizione dei posti, delle candidature, e questo ci ha impedito di continuare a rappresentare il simbolo del movimento". "Da qui Napoli in Movimento- ha proseguito- perché non vogliamo stare fermi, impassibili ad assistere a tutto questo, ma siamo in movimento per creare una Napoli che vogliamo, migliore, più vivibile, con servizi per i cittadini. Il no alleanze per ribadire la nostra distanza da quella politica che ha messo in ginocchio le città, perseguendo non il bene comune, ma interessi specifici".
Lo scossone non è solo a livello locale. Perché riflessi ci saranno anche sul piano nazionale. Sempre a ilGiornale.it Brambilla annuncia anche che la nuova formazione conta sull’appoggio di consiglieri regionali, non solo in Campania dove figura Maria Muscarà, ma anche nel Lazio, in Puglia. Inoltre ci sono tantissimi portavoce comunali ed attivisti "che ci supportano e che ci chiedono di creare una rete territoriale, per ribadire i principi fondanti della democrazia dal basso. Questo è successo a partire dal mio intervento agli Stati Generali, che io ho chiamato gli 'Stati dei Generali senza truppe'"; da allora mi hanno scritto da tutta Italia e siamo in contatto permanente".
Una crepa che per il M5s rischia di divenire voragine. Eppure Brambilla ammette che non sono arrivate pressioni dai vertici penstastellati per evitare la scissione. "Hanno deciso tutto a Roma e poi sancendo accordi al bar con i vertici locali del partito democratico: da 'non siamo un partito, non siamo una casta, siamo un movimento punto e basta" si è passati a “eravamo quattro amici al bar'. Nessuno ha pensato di contattare i consiglieri comunali e municipali, men che meno il sottoscritto che è stato nel 2016 il candidato sindaco della terza città d’Italia", è l’amara conclusione del candidato sindaco di "Napoli in Movimento- No Alleanze".
La conferenza stampa
Posizioni, queste, che Brambilla ha ribadito questa mattina nel corso di una conferenza stampa per spiegare la decisione di alcuni attivisti napoletani del M5s di rifiutare l'alleanza con Pd e centrosinistra sulla candidatura di Gaetano Manfredi e di presentarsi quindi alle amministrative con una propria lista e un proprio candidato sindaco.
"C'è una rivolta dei consiglieri comunali e regionali e degli attivisti che si stanno disiscrivendo dal Movimento e che presenteranno liste autonome alle amministrative", ha spiegato lo stesso Brambilla che ha anche fatto sapere che "dagli Stati generali in poi ci hanno contattato da tutta Italia e in tutta Italia c'è una rivolta dei portavoce comunali, degli attivisti, che si stanno disiscrivendo e che ci chiedono di poter utilizzare il nostro simbolo 'Napoli in Movimento - No Alleanze' perché l'idea piace. Abbiamo creato un precedente e, se questa cosa andrà in porto al Comune di Napoli, si replicherà in moltissime zone d'Italia dove non aspettano altro che avere una linea comune".
Brambilla specifica che "questo non significa creare un nuovo movimento nazionale, significa che i territori devono organizzare ognuno per la propria storia personale, però riferendosi a dei principi. Se esiste ancora la democrazia dal basso e la democrazia partecipata, si troverà lo strumento perché queste persone possano riaggregarsi in un progetto comune. Poi il nome non interessa, è importante questa rivolta che sta avvenendo in tutta Italia, nelle province di Milano, di Bologna, in Sicilia, in Puglia e nel Lazio". "Io non sono all'interno del Movimento 5 Stelle avendo fatto una scelta chiara: io non aderirò al Movimento 2050, ai neo statisti di Conte, alla nuova Dc-Udeur di Conte. Politicamente non mi interessa", ha dichiarato ancora Brambilla.
Il suo giudizio sul "nuovo" Movimento "2050" è netto: "Quando vai a votare un governo Draghi che è contro tutta la politica che tu hai sostenuto per 15 anni mi stai insultando, come elettore e come portavoce. Non posso quindi aderire a un progetto che prevede una liberalizzazione spinta, un europeismo spinto. Quando sento Di Maio dire 'noi siamo i neo liberisti, noi siamo i neo europeisti’, io rabbrividisco. Erano le parole esattamente contrarie a quelle che per 15 anni qualcuno ci ha fatto andare in piazza a sostenere.
Non aderiremo a questa cosa e non è uno strappo, perché noi siamo coerenti a dei principi e dei valori". "Un amministratore non deve occupare i posti. È finita l'epoca degli amici di Pomigliano", ha concluso Brambilla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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