Il M5s crolla sotto il 10%. Ma Conte per ora resiste alle pressioni interne

Sondaggi, persi 3 punti in 7 giorni. Il leader respinge chi gli chiede di uscire dal governo

Il M5s crolla sotto il 10%. Ma Conte per ora resiste alle pressioni interne

I contiani vogliono uscire dal governo, Giuseppe Conte resiste e ribadisce: «Il governo continuerà a essere sostenuto in modo leale e corretto, guardando negli occhi gli altri componenti della maggioranza e il Paese». Beppe Grillo, invece, è pronto a farsi vedere a Roma già domattina. Nell'agenda del Garante ci sono le questioni relative al contratto di consulenza con il M5s, la regola dei due mandati, i rapporti con l'esecutivo.

Conte parla in collegamento con il convegno dei Giovani imprenditori di Rapallo e ci tiene a rivendicare l'asse con il fondatore. «Con Grillo ci sentiamo quotidianamente e ci siamo sentiti anche oggi, l'importante non è il numero dei parlamentari, è la forza del nostro progetto politico», sottolinea il presidente del M5s.

Quindi il messaggio agli esitanti, a chi potrebbe essere sedotto dal progetto politico di Luigi Di Maio: «Se qualcuno dovesse avere ancora qualche titubanza, se non è convinto, può lasciare adesso, questo è il momento giusto, c'è anche una finestra di uscita e una collocazione esterna». Anche la comunicazione pentastellata mostra i muscoli. «Oltre 1.000 nuovi iscritti al M5s solo in questa ultima settimana. Negli ultimi 3 giorni si è passati da 100 nuovi iscritti a oltre 300 al giorno, un trend in continua crescita», fanno sapere i vertici dei Cinque stelle. Nella sede di Via di Campo Marzio, però, sono preoccupati dai sondaggi. Una rilevazione di Tecnè certifica le difficoltà grilline in seguito alla scissione di Insieme per il Futuro. Secondo il sondaggio, realizzato il 23 e il 24 giugno, il M5s ha perso tre punti percentuali rispetto a prima del divorzio con Di Maio, attestandosi sotto il 10%, al 9,3%. E ritrovandosi così per la prima volta scavalcato da Forza Italia, accreditata del 9,9% delle intenzioni di voto.

Conte non paga solo il terremoto interno innescato dal ministro degli Esteri, ma anche la linea ondivaga sul governo. I contiani di più stretta osservanza spingono per il ritiro dei ministri. Dopo Stefano Buffagni, lo dice il senatore Gianluca Ferrara in un'intervista a Repubblica: «Se si dovesse continuare a voler depauperare provvedimenti virtuosi come il superbonus, a minacciare il reddito di cittadinanza, a non seguirci pienamente sulla strada della diplomazia e perseguire invece quella delle armi, se non si vogliono realizzare misure indispensabili come il salario minimo, beh, allora dovremmo uscire al più presto». Solo che Conte tentenna perché ha paura di perdere altri parlamentari e, soprattutto, di mandare all'aria il fronte con il Pd. Un'alleanza fondamentale in vista delle prossime elezioni politiche, in particolare per quanto riguarda i collegi.

E poi c'è il doppio mandato. I big contiani, a partire da Paola Taverna e Roberto Fico, si aspettano deroghe ad hoc. Conte ha rinviato la votazione che avrebbe dovuto tenersi entro la fine di giugno, Grillo a Roma dirà che la regola non è in discussione. Al massimo si potranno concedere altri due mandati in istituzioni diverse dal Parlamento.

La sintesi del caos la fa Davide Casaleggio: «Il M5s mi fa pensare a quel film comico in cui per poter prendere la pensione della nonna deceduta, i nipoti la mettevano nel congelatore facendo finta che fosse ancora viva».

Di Maio, intanto, da Napoli corteggia i sindaci: «Guardiamo ai territori» e attacca ancora Matteo Salvini: «La vicenda del biglietto aereo pagato a Salvini per farlo andare in Russia indebolisce il nostro Paese e l'Occidente».

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