Macché legittima difesa. Ai ladri solo dieci mesi al derubato oltre 4 anni

Con la nuova legge sarebbe un uomo libero Oggi invece Angelo Peveri entrerà in carcere

Macché legittima difesa. Ai ladri solo dieci mesi al derubato oltre 4 anni

Questa mattina Angelo Peveri entrerà in carcere. Ci sono voluti quasi otto anni perché la giustizia facesse il suo corso, ma alla fine la sentenza è arrivata: in extremis, perché tra pochi giorni il reato commesso da Peveri non sarà più un reato.

La notte del 6 ottobre 2011 a Borgonovo Val Tidone, paese di aziende e vigneti in provincia di Piacenza, il piccolo imprenditore Peveri sparò un colpo di fucile contro i ladri che per l'ennesima volta gli stavano entrando a svaligiare la ditta. Uno dei ladri rimase ferito, ma nel frattempo è guarito; lui e i suoi colleghi, una banda di rumeni specializzati in furti di carburante, sono liberi da tempo, dopo avere patteggiato una condanna a dieci mesi con la condizionale. Peveri, invece, si è continuato a proclamare innocente, parlando di un colpo partito per caso nell'agitazione per la nuova irruzione dei banditi. Non gli hanno creduto. Il tribunale di Piacenza gli aveva inflitto quattro anni e mezzo di carcere per tentato omicidio, andando oltre le richieste della Procura. La Corte d'appello e la Cassazione hanno confermato. La pena è definitiva, e a Peveri non resta che espiarla. Nel frattempo, la sua azienda ha subito altri tredici tentativi di furto.

Il caso dell'imprenditore edile piacentino riaccende inevitabilmente i riflettori sul tema della legittima difesa, cavallo di battaglia della Lega durante e dopo la campagna elettorale. Se la legge voluta dal Carroccio fosse oggi in vigore, Peveri sarebbe stato prosciolto, probabilmente senza dover neanche affrontare il processo. Invece il provvedimento approvato dal Senato è rimasto fermo due mesi alla Camera, che - pur non essendo particolarmente oberata di impegni - inizierà solo questa mattina la discussione generale del testo. Così venerdì scorso Peveri ha dovuto affrontare il giudizio della Cassazione sulla base di una legge che un ramo del Parlamento ha già considerato sorpassata, inadatta a tutelare i diritti e la sicurezza dei cittadini: ma ancora in vigore.

Nell'udienza davanti alla Cassazione, anche la Procura generale aveva chiesto l'annullamento della condanna e la restituzione del fascicolo alla Corte d'appello di Bologna per una nuova valutazione: evidentemente la ricostruzione dei fatti era così incerta da lasciare dubbiosa anche la pubblica accusa. Se il processo fosse tornato a Bologna, anche la Camera avrebbe fatto in tempo ad approvare la nuova legge, rendendola esecutiva, e Peveri se la sarebbe cavata. Invece i giudici hanno tirato dritto: magari proprio per evitare che l'entrata in vigore della legge sgonfiasse il processo. Condanna confermata, fine della storia.

«Dopo quella sera maledetta - commenta il ministro dell'Interno Matteo Salvini - il signor Angelo ha subito altri tredici furti di gasolio. Tredici. È un'altra vicenda che ci spinge ad approvare una legge seria sulla legittima difesa». La dinamica dell'irruzione nel cantiere di Peveri, d'altronde, sembra calzare in pieno al testo approvato dal Senato, secondo il quale la proporzione tra irruzione dei ladri e reazione armata sussiste «sempre» se c'è necessita di difendere «i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione».

È una legge contestata aspramente da una parte consistente della magistratura: Francesco Minisci, presidente

dell'Anm, dopo l'approvazione in Senato ha parlato di «licenza di uccidere» e ha denunciato «molteplici profili di incostituzionalità». Prima ancora che entri in vigore, le toghe fanno sapere che chiederanno di non applicarla.

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