Macché modello Italia. Siamo ultimi al mondo su aiuti e tracciamento

Studio della Oxford University: indietro nelle politiche chiave per gestire il virus

Macché modello Italia. Siamo ultimi al mondo su aiuti e tracciamento

I più bravi contro la pandemia. Che il luogo comune con cui ci siamo baloccati per tutta l'estate fosse largamente esagerato è ormai chiaro a tutti. Ma la realtà è ben più amara: da quando la circolazione del virus è ripresa, siamo tra i peggiori al mondo. È la conclusione a cui si giunge in base a un corposo e aggiornatissimo studio della Oxford Martin School, centro di ricerca della Oxford University. La documentazione è pubblicata on line, sul sito Ourworldindata.org, sotto forma di mappe interattive in grado di restituire a colpo d'occhio la situazione globale.

Il sito non si focalizza sui numeri della diffusione del virus, sulle terapie intensive occupate o sui morti da Covid, dati che dipendono da una complessità di fattori non tutti sotto il controllo di governi, Regioni, Asl. Lo studio si occupa invece di comparare le politiche di risposta al Covid, cioè tutte quelle azioni che servono a cercare di convivere con il virus, limitarne i danni, aiutare chi ne subisce il contraccolpo. Fattori, questi sì, totalmente in mano alla gestione politica e amministrativa della pandemia.

Quando si va ad analizzare cosa stiamo facendo e abbiamo fatto contro la malattia che ci sta tormentando, il confronto internazionale ci vede indietro in tutte le voci più incisive. L'esempio più clamoroso è quello delle politiche di ristoro: secondo la mappa realizzata dagli studiosi britannici l'Italia, unica insieme al Portogallo in tutto l'Occidente, ha una media di risarcimento delle perdite di reddito dovute alle restrizioni anti Covid inferiore al 50 per cento del salario perso.

È in realtà già chiaro che l'appoggio offerto dal governo a chi è più colpito dalla pandemia sia stato insufficiente nella quantità e lento nei tempi, ostacolato dalla burocrazia e reso difficile da una regolamentazione del mercato del lavoro che divide la popolazione in fantasmi, poco tutelati e garantiti. Ma è il confronto internazionale a rivelare che non deve per forza andare così.

L'altro pesante punto debole delle politiche sanitarie è il tracciamento, universalmente considerato la più potente arma contro la diffusione del virus. Lo studio divide i Paesi in tre categorie: nessuna politica di contact tracing, limitata ad alcuni casi, estesa a tutti i casi. L'Italia ha fatto brevemente parte di quest'ultima categoria durante l'estate, quando i numeri dei positivi erano minimi. La cosa ci è scappata di mano al primo balzo dei contagi e oggi siamo ripiombati nella categoria contact tracing «limitato» insieme al tanto criticato Regno Unito e alla «noncurante» Svezia, che però ha dichiaratamente scelto un approccio diverso. Del resto, se non fosse così, non si spiegherebbe perché la Protezione civile abbia pubblicato solo ora bandi per reclutare tracciatori. Anche per quel che riguarda l'altra arma anti coronavirus, i tamponi, siamo messi piuttosto male. La classificazione di Oxford è: zero tamponi, solo a categorie a rischio, solo ai sintomatici, tracciamento a tappeto. L'Italia è classificata tra chi fa tamponi solo ai sintomatici, anche se la situazione è più complicata di così: tra ricorsi al Tar e fughe in avanti di alcune Regioni, oggi in certe parti del Paese la possibilità di farsi un tampone anche se non si manifestano sintomi esiste, ma non ovunque, e il percorso è spesso tortuoso. E appena pochi giorni fa le Regioni sommerse dalle prenotazioni hanno chiesto di poter tornare ai test per soli sintomatici. Un caos.

Lo studio permette inoltre di valutare anche il «rigore» delle politiche governative di distanziamento e confinamento, e in questo momento non siamo tra quelli che hanno deciso di imporre più limiti di movimento e chiusure di attività. Unica protezione in cui siamo più avanti è il congelamento di debiti e contratti onerosi, che pesa però sui privati.

Interessante anche l'analisi sulle scuole: confrontando l'evoluzione della mappa che racconta lo stop alle lezioni, si vede che in nessun'altra parte del globo è durato tanto.

Ora perlomeno siamo in linea con l'Europa continentale.

L'analisi smonta insomma la propaganda filogovernativa che ci raccontava campioni della lotta al virus quando l'estate ci aiutava e nella stessa barca con gli altri Paesi ora che siamo di nuovo nella bufera.

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