I maestri del politically correct diranno che è un passo indietro. In realtà non è così. Anzitutto quello della corte d'appello è un passo di lato su un tema divisivo e controverso: già la procura e il tribunale avevano parlato due lingue diverse. Ora i giudici invocano il sacrosanto intervento del legislatore, senza imboccare la solita scorciatoia dei verdetti che anticipano quel che forse sarà e forse no. Meglio fermarsi un attimo e riflettere. La decisione di non trascrivere la doppia maternità non è un attentato ai diritti dei bambini che restano in quel nucleo familiare. La seconda madre, quella intenzionale, ha altri strumenti, anche sul piano giuridico, per far valere legami e affetti consolidati. Certo, si tratta di procedure non automatiche, come è per l'adozione, ma è altrettanto vero che ci muoviamo su un terreno difficile e non può essere che minoranze agguerrite e motivate stabiliscano come orientare la prua di un Paese. Non può essere l'eccezione, se di eccezione pure virtuosa si tratta, a scegliere lo spartito. Il pluralismo assoluto non sempre è una conquista, ma deve fare i conti con la realtà. E la realtà impone domande che sono scomode ma non si possono non fare. Esiste un diritto assoluto ad avere figli? Secondo chi scrive no, ma certo non può essere la corte d'appello a risolvere questa questione che attraversa come una faglia le nostre coscienze. Esiste poi il diritto di dare a un bambino due mamme invece di una mamma e un papà? Punti di domanda attorcigliati, ma certo i diritti, i diritti soggettivi, se portati alle estreme conseguenze, finiscono per configgere con il principio di responsabilità e non può essere che un limite, una frontiera, un confine da non superare, siano subito relegati dall'opinione pubblica benpensante nei gironi dell'oscurantismo e della reazione.
Sul versante maschile, la stessa diatriba nasconde fatalmente la pratica, quella sì vergognosa e degradante, della madre surrogata su cui certa sinistra, a cominciare dal segretario del Pd Elly Schlein, sembra esprimersi nel segno della tolleranza. Aspettiamo il Parlamento, dunque, senza dimenticare che la libertà non è uno spazio vuoto da riempire ma un rapporto da afferrare.
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