In ordine anagrafico. I bambini sono al centro dell'attenzione: tutti si preoccupano per loro, con asili e elementari chiuse. I maturandi hanno i riflettori mediatici puntati addosso. I «grandi», per questioni di lavoro, saranno i primi a poter uscire. E gli anziani protestano pubblicamente perché non accettano di essere gli ultimi a farlo. Si parla di tutti, tranne di loro: i ragazzi, fascia d'età 12-18 anni. Dimenticati e silenziosi. Eppure esemplari proprio perché silenziosi. È la generazione che soffre di più, ed è quella che sta mostrando il meglio. Altro che «sdraiati». Hanno rinunciato a tutto, più di tutti. Diligentissimi, continuano a studiare nonostante il «tutti promossi». Per più di due mesi sono stati immobilizzati, proprio nell'età in cui è più importante muoversi. Niente compagni a scuola, niente sport, niente palestra, niente amori dei sedici anni, che sono i più belli, niente motorini, niente feste. Mille impedimenti, zero lamentele. Eroici senza esserlo, maturi senza maturità. Proprio nell'età in cui l'istinto a ribellarsi alle regole è al massimo, le hanno accettate per un bene comune. Si svegliano, fanno lezione online, poi addirittura i compiti, esagerano con la Playstation, e chissenefrega, si trovano tra di loro in chat (senza parlare ai genitori, e giustamente: cos'hanno da dirgli?) e riempiono il tempo di film, musica e serie tv. Cogli l'Instagram. Qualcuno addirittura legge. Hanno persino accettato le regole folli della nuova didattica, qualcosa che contrasta la natura, il buon senso e la pedagogia. Se agli insegnati va fatto un monumento, ai ragazzi ne vanno fatti due. Per avere rispettato il lockdown senza essere di peso e perché - oltre ad avere perso un'intera stagione nella stagione indimenticabile della vita - quando usciranno troveranno macerie. Noi genitori piangiamo per le vacanze che non faremo. Loro non fiatano. Qualcuno dirà: lo fanno perché sono apatici, abituati a subire passivamente. Ok, Boomer. Un ragazzo tra i 12 e i 18 anni è un alieno rispetto alla famiglia e alla casa. La vita è fuori, dove ci sono i confini da infrangere, gli errori da fare, le esagerazioni da provare. Eppure rispettano un quotidiano assurdo ma giusto, stando dentro in nome della salute là fuori. Accettano la sottrazione di libertà non per indifferenza, ma perché sanno quanto vale e la rivogliono indietro, appena possibile, intatta. Altro che «Non sarà più come prima». La libertà, dopo, gli deve essere restituita identica.
I ragazzi hanno compreso l'emergenza e hanno tirato fuori le risorse migliori per affrontarla: pazienza, responsabilità, silenzio. Hanno già vinto. Speriamo che gli altri - i piccoli, i grandi, gli anziani - se ne ricordino, dopo tutto questo.
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