È una Francia a due facce, quella mostrata ieri dagli eventi. Da un lato quella in crisi politica e potenzialmente economica, con il premier Barnier che scansa gli ultimatum di Le Pen restando «in ascolto» dell'opposizione; lei gli ha dato fino a lunedì per piazzare altre istanze care agli 11 milioni di elettori del Rassemblement national nella Manovra, minacciando altrimenti di sfiduciare il governo la settimana prossima (votando assieme alle sinistre) prima ancora che blindi la legge di bilancio. È «perfettibile», ammette Barnier, «continueremo a migliorarla». Dall'altro c'è il presidente Macron, che oltre 6 francesi su 10 vedrebbero bene dimissionario in caso di caduta dell'esecutivo prima di Natale, il quale si ritaglia tre ore di diretta tv per svelare gli interni di Notre-Dame e tenere un discorso per elogiare il lavoro svolto (e dunque se stesso).
Effettivamente, si può parlare di missione compiuta per il simbolo di Parigi. Aveva promesso, Macron, la ricostruzione in 5 anni dopo l'incendio del 15 aprile 2019. Ci è voluto qualche mese in più, ma la cattedrale riaprirà il 7 e l'8 dicembre. E ieri il presidente non si è lasciato sfuggire l'occasione per salire sul gradino più alto della macchina che ne ha permesso il restauro; anche scenograficamente. Davanti agli oltre 1.500 protagonisti della ricostruzione, Macron ha reso loro grazie: «Siete stati l'antidoto allo sconforto, grazie all'entusiasmo con cui avete risposto a questa sfida». Ma non senza polemica. Perché dopo essere entrato con la moglie Brigitte, la sindaca di Parigi e la ministra della Cultura, accompagnato dall'arcivescovo, ha rubato loro la scena in una sorta di passeggiata turistico-promozionale sul lavoro svolto, di cui si sente il coach.
È stata infatti la settima visita del presidente alla cattedrale, dopo il rogo. Voleva che fosse riaperta per le Olimpiadi e non è stato così. È dunque passato all'incasso nel frangente più difficile della storia della V Repubblica, solleticando corde emozionali per far dimenticare il momentaccio tra spread in crescita e incognite d'Aula. È stato solo un primo assaggio della cattedrale restaurata, mostrata angolo per angolo, statua per statua. Mentre lui passeggiava per la navata e il transetto, i due frontman del governo lanciavano nuovi messaggi di appeasement ai lepenisti. Oltre alla mano tesa dal premier, il ministro dell'Interno Retailleau si è impegnato infatti a ristabilire il reato di soggiorno irregolare «cancellato da Hollande» nel 2012; l'ex presidente socialista oggi sui banchi dell'opposizione. Prevedeva 3.750 euro di multa e fu in parte bocciato dal Consiglio costituzionale. Retailleau vuole ripristinarlo perché «darà più poteri di inchiesta alle forze dell'ordine permettendo di sequestrare i cellulari dei clandestini, procedere all'identificazione e lottare più efficacemente contro la filiera dei trafficanti». Dopo le concessioni sull'elettricità (3 miliardi in manovra per evitare l'aumento delle bollette da febbraio), l'apertura sul proporzionale e la stretta sui fondi per le spese mediche dei sans-papier, Barnier è determinato a salvare il governo e se stesso.
Macron, da un podio al centro di Notre-Dame, mezzo metro sopra le testa di chi quella cattedrale l'ha ricostruita, annuncia che «lo choc della riapertura sarà forte quanto quello dell'incendio, ma sarà uno choc di speranza». Poi l'omaggio ai privati che hanno donato 840 milioni; 200 solo da Bernard Arnault, il più ricco di Francia.
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