Lo stringeva a sé con le ultime forze che le erano rimaste per proteggerlo dal freddo su quel barchino di sei metri che cercava di raggiungere Lampedusa dalla Tunisia con il suo carico di 52 disperati. Poi è stata sopraffatta dal gelo e dalla fame ed è ha perso i sensi, prima di morire lasciando scivolare in acqua il suo bambino di quattro mesi.
È una delle terribili storie dell'ultima tragedia dell'immigrazione. La giovane mamma e il neonato sono due delle dieci vittime del naufragio avvenuto sabato notte a 42 miglia da Lampedusa, in acque Sar Maltesi. Sono morte altre due donne, una delle quali in avanzato stato di gravidanza. In un primo momento, a causa di incomprensioni nei resoconti dei sopravvissuti, i soccorritori avevano capito che il piccolo era stato gettato in acqua per disperazione dalla mamma dopo essere morto. L'imbarcazione, partita alle tre da Sfax, è stata recuperata giovedì sera da una motovedetta della Guardia Costiera con a bordo otto cadaveri. Stando al racconto dei superstiti, trovati in condizioni disperate, ci sarebbe anche un altro disperso, un uomo svenuto mentre era seduto sul bordo della barca. I migranti erano sfiniti, hanno raccontato che da giorni avevano finito i viveri e bevevano l'acqua del mare. Il cadavere della mamma e quello degli altri sette sfortunati compagni di viaggio sono stati trovati all'interno dello scafo. Ai mediatori culturali hanno detto di essere partiti dalle coste tunisine sabato scorso dopo essere stati rinchiusi per mesi in una safe house di Mahdia. Per questo hanno accettato di salpare, nonostante il freddo. Il barchino era stato avvistato da un peschereccio tunisino che si trovava fra l'Italia e Malta. Sono stati i pescatori a chiedere aiuto alle autorità marittime, spiegando via radio che a bordo vi era probabilmente un cadavere. Trattandosi di acque Sar Maltesi, i soccorsi sono stati delegati a Malta. Solo nel tardo pomeriggio di ieri è stata formalizzata la richiesta di aiuto da parte dei maltesi al comando generale della Capitaneria di porto di Roma. Purtroppo la motovedetta giunta sul posto ha trovato una situazione disperata. Le salme sono state portate nella piccola camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana dove dovranno essere sottoposte a ispezione cadaverica. La Procura di Agrigento ha aperto un fascicolo d'inchiesta ipotizzando, al momento a carico di ignoti, i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e morte quale conseguenza di altro reato. I magistrati hanno incaricato le forze dell'ordine presenti sull'isola di raccogliere informazioni su quanto accaduto sul barcone partito da Sfax. Nelle prossime ore verranno ascoltati i superstiti, fra cui dieci donne e un minore, originari di Mali, Costa d'Avorio, Guinea, Camerun, Burkina Faso e Niger, sbarcati durante la notte al molo Favarolo e ora ospiti dell'hotspot di contrada Imbriacola.
Da giovedì notte a Lampedusa si sono contati altri sei sbarchi, per un totale di 269 persone. Nelle ultime due imbarcazioni viaggiavano 71 persone, tutte partite dalla Tunisia. Per la traversata avrebbero pagato da 1.500 a 2.000 dinari tunisini ciascuno.
«Ennesima notte di soccorsi, di lampeggianti, ambulanze, di autobus che trasportano umanità, occhi spalancati dalla paura, di uomini che salvano vite umane. Quanto deve durare ancora tutto questo? Quanti morti dovrà ricevere ancora quest'isola?», si chiede il sindaco Filippo Mannino, commentando l'ennesima tragedia.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.